SERVIZIO A CURA DI MAURIZIO LONGHI

Ha giocato sette campionati a Sorrento, Ciro Ambra si è fatto apprezzare per come difendeva i pali di quella squadra che non faceva sfracelli nel proprio girone di serie D ma che gettava le basi per costruire grandi successi. I primi prodromi si manifestarono nel 2004-2005 quando il Sorrento allenato da La Scala contese il primato al Marcianise che prevalse per soli tre punti. La beffa fu che quella squadra si aggiudicò i play off battendo il Lavello in semifinale e il Savoia in finale, ma non conquistò la promozione bensì solo la possibilità di un ripescaggio che non avvenne. Una decisione atroce e sanguinosa per chi sul campo si era meritato il salto tra i professionisti che, comunque, si concretizzò l’anno successivo con mister Cioffi in panchina. Da lì, la sagoma di Ciro Ambra andò ad eclissarsi ma contribuì a gettare le fondamenta perché il Sorrento desse l’assalto alle categorie superiori. Pur non facendo registrare le presenze dei primi anni, la sua figura era molto importante per lo spogliatoio. Si può dire che abbia costruito anche lui la solidità del Sorrento che poi avrebbe fatto sfracelli.

Per l’ex portiere rossonero parlare della sua esperienza in costiera è come aprire una bellissima pagina della sua carriera: “Ci sono stati solo momenti belli, non ne ricordo di brutti, quindi, è stato qualcosa che porterò sempre nel cuore. A Sorrento le cose sono cambiate nel momento in cui è andata via la vecchia dirigenza, dopo si è fatto bene solo per qualche anno prima che tutto precipitasse. Però, non mi permetto di giudicare chi non conosco, magari, si ritornerà a rivivere quei fasti ma ciò non toglie che, con il disimpegno dei vecchi dirigenti, tutto è cambiato”.

Vecchia dirigenza, vecchia società, passano gli anni ma la si rimpiange. Quei dirigenti cosa facevano per guadagnare tutta questa stima tra i giocatori? “Erano parte della squadra anche loro. Si immedesimavano in noi giocatori, erano dei fratelli, dei punti di riferimento. Ci sentivamo una famiglia unita ed era anche questa la nostra forza”.

Chiediamo ad Ambra cosa bisogna fare per creare un organico competitivo per la quarta serie. Lui l’ha giocata e ha visto la società alzare, pian piano, l’asticella degli obiettivi. Quali erano gli aspetti più importanti che saltavano all’occhio e che differenziavano una squadra di vertice da una senza troppe pretese? “In queste categorie ci sono alcuni aspetti superflui e altri imprescindibili, tra quest’ultimi non rientrano tanto le qualità tecniche ma l’abnegazione e l’attaccamento alla maglia, senza le quali non si potrà mai andare molto lontano”.

Purtroppo, ora a Sorrento si vive una situazione surreale. Buona parte della tifoseria, soprattutto quella che rappresenta la vecchia guardia, è disamorata e ha deciso di non sostenere la squadra. Il fatto di non vedere prospettive è alla base del disincanto dei tifosi, anche se per Ciro Ambra c’è qualcosa che potrebbe far registrare una maggiore presenza dalle parti di Via Califano: “In questi casi penso che solo i risultati potranno creare entusiasmo e far ritornare la gente allo stadio. Anche se non si condivide un progetto, si va ugualmente a sostenere la maglia e, quando le cose vanno male, la ricetta per far tornare la gente è rappresentata dai risultati”.

La figura del portiere è in continua evoluzione. Ma un estremo difensore che caratteristiche deve avere per guadagnare la fiducia della squadra? “Non saprei rispondere, be’ dico che essendo, quello del portiere, un ruolo a parte perché non si può contare sul sostegno di compagni di reparto, bisogna essere dei leader sia nello spogliatoio che in campo. Bisogna avere personalità senza farsi condizionare da altri aspetti”.

Ambra, nel corso della sua lunga militanza in rossonero, ha visto tantissimi allenatore alternarsi sulla panchina del Sorrento. C’è chi ha fatto bene e chi meno, chi ha deluso le aspettative e chi le ha tradite. Attualmente, il nocchiere dei costieri è il Pampa Sosa, alla sua prima esperienza da tecnico e che, finora, non è ancora riuscito a creare una squadra a sua immagine e somiglianza. Da uno che ha accumulato una grande esperienza in queste categorie, ci facciamo dire un allenatore cosa deve fare, secondo il suo punto di vista, per rendere vincente il proprio gruppo: “Dipende molto dalle annate. Ci sono allenatori che fanno benissimo alla guida di alcune squadre, mentre in altre non riescono a fissare la loro impronta. Innanzitutto per poter fare bene occorrono alcune condizioni: non basta solo il bagaglio esperienziale o capacità di letture tecnico-tattiche, contribuisce anche il contorno e se non ci sono tutti i tasselli al loro posto, difficilmente si potranno gettare le basi per vincere”.

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