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Frattamaggiore. La città di Lorenzo Insigne, stellina del Napoli, ma anche di Luigi Pezzella, storico terzino sinistro del Sorrento che ha vissuto la lunga cavalcata rossonera dalla serie D alla C1. Una full immersion iniziata nel 1998, quando il club di Antonino Castellano lo prelevò dall’Albanova, e chiusa 10 anni più tardi, giusto in tempo per assaporare con i costieri almeno il primo campionato di C1. Ma soprattutto Frattamaggiore è una città dove il calcio ha sempre rappresentato passione e identità collettive.

Quello che oggi è il principale club cittadino, Nerostellati Frattese, nasce nel 2012 grazie all’intraprendenza di alcuni imprenditori frattesi decisi a far rinascere il sogno nerostellato in un centro da troppo tempo ai margini del calcio che conta. La Frattese dei frattesi, insomma, in una governance plurale che ha prodotto subito i risultati sperati col doppio salto dalla Promozione regionale alla D. Nel giorno del suo battesimo, la Frattese si era presentata al pubblico tra tante speranze, oscurate però da qualche perlessità di troppo. A Fratta in molti, evidentemente, aspettavano lo squadrone per mettersi alle spalle le delusioni degli ultimi anni e riproporre il loro sacrosanto diritto ad una rivincita riparatrice. Dalle idee del ds Marco De Simone ne uscì invece un gruppo infarcito di giovani, alcuni sconosciuti, seppur diretti da un tecnico come Teore Grimaldi, personaggio transitato per vivai ambiziosi ed organizzati, abituato a forgiare e svezzare decine e decine di talenti su cui in pochi avrebbero scommesso. In quella squadra che agguantava l’Eccellenza dopo lo spareggio vinto di misura allo Ianniello col Montesarchio grazie ad un gol di Salvatore Damiano, figuravano comunque diversi elementi in età verde ma con una discreta esperienza. Su tutti, i centrocampisti Giovanni Scarpato, ex Pianura dei miracoli, e l’esterno offensivo Raffaele Russo, ex Neapolis e Barletta, un vero e proprio idolo dei tifosi di casa per talento e attitudine alla leadership. “Palla a Russo e ci abbracciamo”, scrivevano i fan nerostellati su uno striscione che campeggiava allo Ianniello. In quella rosa, peraltro, militava anche uno dei tre fratelli di Lorenzo Insigne, Marco. Oggi i reduci di quella stagione trionfale sono il portiere Raffaele Vitale, i difensori Gervasio Costanzo e Pasquale Pezzullo, i centrocampisti Alessio Castiglione e Raffaele Capasso e l’attaccante Salvatore Damiano. Dopo aver silenziato una corazzata come il Quarto, calatasi ai nastri di partenza del campionato di Eccellenza con più credenziali dei nerostellati (a coronamento di una gustosa nemesi dopo che i flegrei avevano costretto 12 mesi prima la squadra di Grimaldi allo spareggio), in estate sono sbarcati a Fratta altri elementi di assoluto prestigio con la contestuale riconferma di due leader incontrastati come Pasquale Mezzacapo o capitan Costanzo, insieme all’interessantissimo Marzio Celiento. Intanto il baby Ciro Favetta, che lo scorso anno con la Casertana sbloccò il risultato nel derby casalingo vinto contro l’Ischia, poi Fabio Longo, tra gli scrittori della favola Savoia, il sempreverde Nicola Mora dall’Arzanese, il difensore Fabio Petrarca dall’Isola Liri, il simbolo del Gladiator, Alessio Bonavolontà e l’esperto attaccante Mario Marotta. C’è mancato davvero poco per mettere le mani anche su Eddy Mansour, gioiellino ben conosciuto a Vico Equense, o Emanuele Santaniello, punta napoletana oggi alla Torres in Lega Pro. Insomma, un consolidamento robusto della rosa che però non ha mai perso di vista due coordinate: progettualità e rispetto del budget. Col relativo obiettivo di ben figurare senza fare voli pindarici. E, riavvolgendo il nastro della storia recente nerostellata, non ci si può non togliere il cappello davanti alla competenza e all’intuito dei due alfieri della rinascita calcistica della Frattese: Teore Grimaldi e Marco De Simone.

Un sodalizio a prova di bomba, coloro che hanno preso in braccio questa creatura dalla sua nascita nel 2012 portandola a camminare da sola così velocemente. Il tutto con mezzi economici limitati che, probabilmente, avrebbero accompagnato al fallimento tanti altri al loro posto. Va ricordato, comunque, che nella stagione precedente alla nascita dei Nerostellati, i tifosi avevano accarezzato il sogno di dimorare stabilmente tra i professionisti dopo un decennio di esilio tra Prima e Terza Categoria regionale. Avvenne quando Mario Moxedano trasferì la sua Neapolis in città per il campionato di Seconda Divisione. Incomprensioni ed un amore mai sbocciato tra la tifoseria frattese e il patron, sancirono il divorzio col rientro del club a Mugnano dopo pochissimi mesi.

La storia della Frattese può però ostentare l’orgoglio di cinque campionati in C2 dal 1980 al 1985. Tanto che l’ultimo precedente con il Sorrento risale alla stagione 1984/85: a Fratta, nella gara di andata, finì a reti inviolate, mentre al campo Italia furono i rossoneri di Canè a prevalere con una rete di Magliocca (con deviazione di Milano). Tuttavia nel lungo percorso calcistico dei nerostellati c’è anche una macchia. Era la Primavera del 1992 quando la Frattese fu esclusa d’ufficio dal campionato di Eccellenza. Durante una gara a Torrecuso (un avversario che evidentemente porta male ai partenopei anche in considerazione della rocambolesca sconfitta di due mesi e mezzo fa), alcuni tesserati della Frattese aggredirono selvaggiamente l’arbitro, “reo” di aver convalidato un gol ai beneventani in sospetto fuorigioco. Mancava davvero poco alla chiusura del match e contro il porticese Agnello si scatenò un accanimento fisico senza precedenti che proseguì persino in autostrada, con un inseguimento di oltre 50 km che produsse una serie di tamponamenti. Una di queste ultime incursioni fu favorevole agli aggressori, che costrinsero Agnello a scendere dall’auto e a consegnare loro i suoi documenti personali con la minaccia di non calcare la mano nel referto arbitrale pena un’ennesima spedizione punitiva. Stavolta direttamente a domicilio. Quell’episodio lasciò l’intero mondo del calcio sotto choc, intanto per la brutalità unica del fattaccio. E poi perchè si trattava della centesima aggressione in Campania ai danni di un direttore di gara, soltanto in quella stagione. Gli arbitri campani in quel periodo minacciarono la serrata e il Giudice sportivo Enzo Dal Verme cancellò la Frattese dal panorama calcistico regionale (con l’obbligo di ripartire dalla Terza Categoria) comminando ben 34 anni di squalifica ai danni di calciatori, tecnici e dirigenti. Il campo fu ovviamente squalificato per due anni ma, dato alquanto innovativo, il Giudice dispose il risarcimento danni per la terna arbitrale. Un provvedimento esemplare che scatenò però il disappunto del popolo frattese che, se da un lato mostrava di comprendere il senso di questa bonifica decisa da Dal Verme anche su impulso del presidente federale Antonio Matarrese, da un altro non riusciva a spiegarsi perché solo con la Frattese si era imboccata la strada della “tolleranza zero” dopo gli innumerevoli precedenti che avevano infestato quell’annata. Una epurazione solo formale: perché, pochi mesi dopo, l’acquisizione di un titolo di Eccellenza consentì alla Frattese di conservare la propria continuità sportiva. Un biennio positivo nel massimo campionato regionale a cui seguì tuttavia una lunga era di anonimato.

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