DI STEFANO SICA

Ci sono giornate nella vita che è impossibile dimenticare. Di quelle che restano indelebili marchiando a fuoco il senso di una passione e di un amore smisurato. Dieci anni fa, il 13 maggio del 2007, il Sorrento staccava il pass per la serie C1 battendo 2-0 un Gela che riuscì a centrare i play-off solo grazie agli scivoloni di Monopoli a Vasto e Val di Sangro a Melfi. Faceva un caldo mortale, nell’aria un entusiasmo indescrivibile che si inseriva nel solco di una settimana spesa a preparare striscioni, rammendare bandiere, ideare festoni di tutti i tipi. Era colorata di rossonero la costiera, in un’attesa crescente e impaziente che coinvolgeva anche i tanti turisti che già affollavano la città in quei giorni. Vivere la penisola tra il 7 e il 13 maggio di dieci anni fa è stata una emozione che solo chi l’ha vissuta da vicino può capirla. I successi del Sorrento dissipavano tutto: problemi quotidiani, stupide incomprensioni, pensieri maldestri. Il campo Italia era pieno come un uovo: almeno 3500 i cuori rossoneri presenti, forse di più. L’ansia, la speranza, l’odore acre ma piacevole dei fumogeni che dipingevano volti e profili, la voglia di vivere tutta d’un fiato questa giornata, senza alcuna percezione dello spazio e del tempo. Era il Sorrento di capitan Ottobre, l’attuale coordinatore tecnico societario, colui che si prese la passerella dopo l’avvincendamento con Ruotolo a fine partita. Ma era soprattutto il Sorrento di Renato Cioffi, il suo condottiero indiscusso, colui che qui ha vinto tutto ciò che si poteva vincere. Quindi di Ripa, che ora fa le fortune della Juve Stabia, di Giulio Russo, il rappresentante ideale di un intero popolo, ma di tantissimi altri elementi di primo piano oltre che, naturalmente, del duo Giglio-Castellano, disegnatore di quel sogno collettivo. Il Gela lo guidava un giovane Sanderra, appena 40enne, artefice con la sua Samb oggi del blitz di Gubbio nel primo turno play-off di Lega Pro. Furono proprio Ripa e Russo a mettere in ghiaccio la sfida nel primo tempo. La ripresa fu solo accademia, il preambolo formale di una festa che intanto sarebbe iniziata in campo con la consueta invasione, l’abbraccio con gli eroi di quell’annata e le lacrime di chi, più stagionato, sapeva di essersi ripreso ciò che gli era stato strappato vent’anni prima. E che quindi sarebbe durata fino all’alba, tra il traffico impazzito per i continui caroselli ed i capannelli improvvisati da tifosi ebbri di follia in ogni angolo della costiera.

La memoria fa bene, serve, va coltivata. Sempre. Di quel Sorrento ci si ricorderà a vita perché è storia che continuerà ad essere tramandata di generazione in generazione. Dieci anni dopo, è cambiato tantissimo. Ha mutato pelle il prodotto calcio con tutte le sue coordinate, ma sono cambiati anche realtà ed obiettivi del Sorrento attuale. Di sicuro non è cambiata la fame di vittorie di questa città, che sa celebrare un passato glorioso ma proiettarsi anche al futuro con ambizione, senza guardarsi l’ombelico. Dieci anni fa, ma sembra passata una vita. Restano i volti e le gesta di quei gladiatori, che riuscirono a vincere anche per un attaccamento alla maglia e al territorio non comune. Resta un esempio. Tutto ciò che per i protagonisti di oggi può essere nutrimento vitale per battere il Cervinara.

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