DI STEFANO SICA

 

Già nella denominazione c’è un miscuglio di storie, culture, di mondi che si incontrano e si contaminano. E’ questa la piccola favola dell’Afro-Napoli United, la squadra multietnica che si presenterà ai nastri di partenza del prossimo campionato di Promozione e che, sabato scorso, ha affrontato il Sorrento in amichevole. Un progetto vincente in ambito sociale e sportivo (i risultati conseguiti sul campo parlano da soli), che parte da lontano e che coinvolge decine di appassionati e volontari. Solidarietà, assistenza ai migranti ed antirazzismo, queste le parole d’ordine del club. E’ il cuore grande di Napoli che dice un no secco a qualsiasi forma di intolleranza.

OBIETTIVI – “Mi è stato chiesto di fare un campionato di vertice – dice ai microfoni di TuttoSorrento Francesco Montanino, alla sua seconda stagione sulla panchina biancoverde -. Disputare un torneo per vincerlo è ben altra cosa, la differenza è enorme. Stiamo comunque cercando di allestire un organico competitivo per stare nelle prime posizioni. E a fine anno tireremo le somme, ma la società si è mossa bene sul mercato prendendo ragazzi che possono dare una mano in campo e nel nostro progetto sociale. Poi è chiaro che tanti fattori devono combaciare. Il Sorrento dello scorso anno ne è un po’ la dimostrazione: non basta prendere ottimi giocatori per arrivare agli obiettivi. L’importante è che la nostra sia una società seria e sana e che non avrà problemi”.

IL MODULO – “Come impostazione base, partiamo dal 4-3-3, cercando di sfruttare le caratteristiche dei nostri esterni offensivi che sono molto veloci. Poi è chiaro che dobbiamo essere anche bravi a cambiare pelle quando si trovano avversari in grado di metterti in difficoltà. Anzi, abbiamo voluto cimentarci con una squadra nettamente superiore come il Sorrento proprio per farci un bagno di umiltà e capire che non sempre potremo avere la presunzione di giocare in un determinato modo. Ma è anche bello vedere che tanti ragazzi di colore, alcuni dei quali vengono da realtà importanti, tipo Alassani, hanno voglia di sacrificarsi”.

IL TERRITORIO – “Noi ci sentiamo fondamentalmente una squadra di Napoli. Siamo un team multientico che accoglie tutti quei ragazzi che vivono a Napoli e quegli extracomunitari che respirano la città. Da tre anni la nostra casa è a Mugnano perché abbiamo trovato una città che ci ha ospitati e una struttura come il Vallefuoco che permette di fare calcio di un certo tipo. Speriamo vivamente che la comunità di Mugnano possa affezionarsi ai nostri colori e che un pubblico sempre più numeroso possa seguirci ma, intanto, l’importante per noi è portare avanti i nostri valori”.

IL PROGETTO – “Molti pensano che il nostro progetto sia legato solo alla costruzione di una squadra di ragazzi stranieri e di colore. Invece noi diamo la possibilità a chiunque lo voglia di giocare al calcio. Noi cerchiamo di aiutare, in campo e fuori, tutti quelli che non hanno avuto la nostra stessa fortuna nella vita. Non dimentichiamoci che, da qualche altra parte del mondo, noi siamo pur sempre immigrati per qualcuno. Questa non è demagogia: penso che ognuno di noi, se va a scavare nel proprio albero genealogico, troverà un avo partito per la Germania o per il Belgio dove magari sarà morto in una cava. Partecipando ad un campionato federale, siamo chiamati anche a raggiungere un risultato sportivo, ma ricordo che abbiamo anche delle squadre amatoriali che partecipano ai campionati Figc. In questi tornei facciamo scendere in campo chi non ha tutta la documentazione a posto ma ha voglia di giocare. E cerchiamo con appositi corsi di formazione, tra cui anche lo studio della lingua italiana, di aiutare chi non potrà arrivare a giocare a certi livelli, così li traghettiamo nel mondo del lavoro. Che ci siano migranti che vivono situazioni di disagio è un fatto reale, girarsi dall’altro lato e far finta di nulla è sbagliato e non risolve i problemi. Sia chiaro, anche per noi non è facile amalgamare tutto questo: abbiamo tra di noi ragazzi musulmani, cattolici e di altre religioni, e il momento di tensione può capitare. Ma alla fine il calcio ha proprio questo aspetto magico: unisce ad aggrega. E quando si vince, è ancora meglio”.

SUL SORRENTO – “Io sono un appassionato del calcio dilettantistico, ma una realtà simile, con quella storia, non può stare in queste categorie, senza nulla togliere ad altre piazze. Quest’anno fortunatamente è arrivato un Direttore (Ottobre, ndr) competente, un sinonimo di garanzia. Poi, come detto, per vincere serve altro, devono sposarsi tante cose. Sorrento è una città che è un fiore all’occhiello per tante cose e vederla in D o in Eccellenza, fa male. Mi auguro che si possano raggiungere quanto prima ben altri palcoscenici perché i tifosi lì hanno fame di calcio. Ed è giusto che prima o poi accada. La squadra è importante ed è fatta di giocatori che anche in D farebbero la differenza”.

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