SERVIZIO A CURA DI MAURIZIO LONGHI. Un campionato pazzo di un pazzo Sorrento. Con la vittoria di Castel Rigone, i rossoneri si sono qualificati primi nella griglia delle squadre che si andranno a giocare gli spareggi in cui è in gioco l’ultimo posto per far parte della prossima Lega Pro unica. Ma la domanda è: il Sorrento come ci è arrivato a questo nono posto? Si poteva fare di più evitando questo grandissimo rischio? Come è andato questo campionato? Partiamo dagli albori, dall’ouverture della stagione. Il pari in coppa Italia con il Cosenza aveva dato segnali incoraggianti, mentre la roboante sconfitta con l’Ischia aveva acceso le prime avvisaglie di un qualcosa che andava corretto. Così, gli ultimi giorni di mercato avevano messo a disposizione di mister Chiappino qualche elemento di ottima esperienza e caratura.

chiappinoIl Sorrento era ai nastri di partenza del campionato, la società aveva affidato la guida tecnica ad un allenatore alla prima esperienza tra i professionisti, ma che aveva ottenuto risultati lusinghieri come nocchiero della Primavera del Genoa. Al prossimo turno, la Vigor Lamezia era di scena al “Campo Italia”, il vantaggio di Musetti illuse tutti prima che i biancoverdi ribaltassero il risultato con tre reti. Prima giornata e primo tonfo, peraltro tra le mura amiche, non una partenza da ricordare. Specie se poi ne segue un’altra, come fu quella di Aprilia. Normale percepire già i primi malumori dopo due ko in altrettante partite, e il calendario presentava un’altra trasferta ostica: in casa di un Cosenza letteralmente trasformato rispetto a quello incontrato in coppa. Si andava nella tana di lupi affamati, a punteggio pieno, con la possibilità di giocare dinanzi ai propri tifosi la terza sfida. Ma al “San Vito” scese in campo un Sorrento autorevole e di personalità, passò sotto ma seppe reagire pervenendo al pari, ai punti si poteva addirittura uscire con l’intera posta in palio. Quella prestazione convincente conferì dosi di autostima alla squadra che si impose nettamente in casa con il Poggibonsi fino ad essere corsara al “Bisceglia” di Aversa, con i normanni in un grande momento di forma. Erano tempi in cui molti addetti ai lavori si aspettavano l’ascesa del Sorrento, una delle poche squadre a poter vantare un tridente con esterni del calibro di Maiorino e Catania. Ma quel momento di grande slancio non ebbe lunga durata. Il blitz della Casertana in costiera raffreddò un po’ gli entusiasmi, poi iniziò un periodo di più bassi che alti. Il pari di Ischia, la vittoria con un’Arzanese inerme, lo scialbo 0-0 con il Gavorrano fino al periodo nero culminato con l’esonero di Chiappino. Pesanti le due sconfitte interne contro Chieti e Teramo, entrambe maturate negli ultimi minuti e in modo ingiusto, molto ingenui con i teatini a farsi raggiungere e ribaltare dopo il vantaggio, gran carattere contro la corazzata biancorossa recuperando due volte lo svantaggio, ma alla fine ci si arrese. In quel periodo, si stava delineando la classifica con il Teramo lanciatissimo verso il primato conteso con il Cosenza, la Casertana, affidata ad Ugolotti dopo le tre giornate con Capuano in panchina, iniziava a scalare posizioni mentre, dopo un inizio un po’ stentato, anche il Foggia stava facendo la voce grossa. E, per riscattare il doppio scivolone interno, il Sorrento era atteso proprio allo “Zaccheria”, in uno stadio pieno di entusiasmo e intenzionato a spingere in alto la compagine dauna. La prestazione fu positiva, Canotto inventava e Maiorino finalizzava. Si passò prima in vantaggio, poi si acciuffò il pari in inferiorità numerica, ma ancora un’altra beffa verso la fine. L’onore era alto ma il morale decisamente no. Ci si doveva preparare per affrontare con il sangue agli occhi una squadra alla portata come il Martina Franca, anch’essa alle prese con mille disagi. E, vedere anche i pugliesi dettare legge a Sorrento, suggerì alla società di dare il benservito all’allenatore e, per sostituirlo, balenò un nome che tutti volevano scongiurare: Gianni Simonelli.

simonelliscalaI dirigenti erano a conoscenza dell’idiosincrasia tra tifosi e professore ma, incuranti di ciò, si optò per una scelta impopolare. La conferenza di presentazione non fu delle più serene, ma il prof. di Saviano sembrava intenzionato ad andare avanti per la sua strada dedicandosi esclusivamente alla squadra che aveva bisogno di una scossa. Che arrivò proprio al suo esordio, sul campo del Tuttocuoio, con i conciari che veleggiavano nelle zone alte della classifica. Ringalluzziti dal colpo esterno, si ospitava un Messina in piena crisi che era appena stato affidato alle cure di Grassadonia. E il tecnico salernitano seppe motivare a dovere i peloritani che si imposero nella terra delle Sirene. Il pari con il Melfi e la sconfitta pre-natalizia con il Castel Rigone esasperarono gli animi dei tifosi che vedevano una squadra in costante affanno e mai in crescita. Quei progressi iniziali sembrarono frutto più della forza dei nervi che di una reale metamorfosi. Ma il mese di gennaio iniziò piuttosto bene, pari a Lamezia Terme e doppio successo casalingo contro Aprilia e Cosenza. Ottimi i contributi dei nuovi acquisti, D’Anna e Innocenti, ma la trasferta di Poggibonsi era la prova del nove. Steccata. Si uscì senza punti dal “Lotti”, ci si aspettava un pronto riscatto in casa contro l’Aversa, ma il ko con i normanni aprì una profonda crisi. Nessuno pensava di salvare le penne a Caserta e, infatti, fu un altro capitombolo, il terzo consecutivo, la tifoseria capì il momento di grande difficoltà decidendo di venire incontro alla squadra. Nel derby contro l’Ischia serviva il massimo sostegno, i fedelissimi della Curva Nord avevano deciso di seguire i rossoneri dalla Tribuna Centrale, un modo per stare più vicini ai giocatori. La prestazione, però, fu indegna, squadra senza nerbo né ardore e gli isolani, rivitalizzati dalla cura Porta, se ne tornarono con il bottino pieno. Quella sconfitta fu la goccia che fece traboccare il vaso, i tifosi andarono su tutte le furie, pretesero un colloquio con i giocatori e invocarono le dimissioni di Simonelli. Ma la decisione più clamorosa fu quella di non seguire più la squadra né in casa né fuori. Il Sorrento era stato lasciato solo da tutti, si doveva fare mea culpa e rimboccare le maniche per riguadagnare la fiducia della gente. Parlare di salvezza era diventato peregrino, surreale, mortificante, insieme alle partite si iniziava a perdere anche la dignità, da questa consapevolezza nacque l’ammutinamento della gente. Lo scatto d’orgoglio arrivò, comunque, nello scontro diretto di Frattamaggiore contro l’Arzanese, servì un capolavoro del solito Maiorino per conquistare tre punti importantissimi. Il calendario sembrava dare una mano: a Sorrento sarebbe stato di scena un Gavorrano con un piede e mezzo in serie D. E, contro qualsiasi previsione, i maremmani riuscono a strappare un pari recuperando lo svantaggio, segno dello stato di confusione e sfiducia di cui erano preda i costieri.

striscione a simonelliSe dopo l’Ischia a prevalere era la rabbia per una stagione che si stava compromettendo, contro il Gavorrano si respirava rassegnazione, ormai ci si stava preparando a scendere di categoria. Come un “Triste, solitario y final”. Gli spalti erano vuoti, la gente lontana dalla squadra che, a sua volta, non riusciva a piegare il fanalino di coda della classifica, impossibile fare peggio. Il calendario presentava una doppia sfida esterna in Abruzzo tra Chieti e Teramo. I teatini avevano un po’ frenato una rincorsa che li aveva portati a ridosso dei primi posti, quindi, lasciò tutti di stucco il fatto che i rossoneri, dopo 17′ di gioco, fossero in vantaggio di due gol. Il Sorrento seppe mantenere il vantaggio fino alla fine confezionando un colpo insperato. Ma la classifica continuava a restare deficitaria, inutile vincere una partita in mezzo ad una serie infinita di passi falsi. Bisognava vincere anche a Teramo, in casa della capolista. Serviva un’impresa. Così, al “Comunale” di Piano D’Accio, bastò un guizzo di Catania nel primo tempo per portarsi a casa il secondo successo consecutivo. Improvvisamente, si era riaccesa la speranza di potersela giocare almeno per gli spareggi, il Sorrento si accreditava come una squadra da trasferta, ma era importante iniziare a fare punti anche in casa. Al “Campo Italia” veniva un Foggia a cui bastavano pochissimi punti per avere l’aritmetica certezza di salvarsi, e la gara fu giocata a ritmi bassi dagli uomini di Padalino con il Sorrento abile a sfruttare l’atteggiamento poco agonistico degli avversari centrando il terzo successo consecutivo. Lo stadio era sempre semivuoto la squadra, però, aveva riacquistato fiducia, autostima e consapevolezza nei propri mezzi. Così bisognava andare nel catino di Martina Franca, altra compagine in risalita. Vincere avrebbe riaperto addirittura il discorso salvezza diretta, impattare sarebbe stato utile per dare continuità ai risultati, perdere avrebbe complicato un po’ le cose. Dopo l’iniziale svantaggio, le cose si misero bene con il gol del pari e la superiorità numerica ma, proprio quando si pensava a scardinare ancora la retroguardia pugliese, venne fuori tutta la dabbenaggine dei rossoneri, capitolati due volte per una sconfitta amarissima. La caduta in terra jonica, ammantava di una importanza vitale la sfida interna contro il Tuttocuoio. Ci si giocava tutto: un successo avrebbe permesso di acciuffare in classifica proprio i toscani, un altro risultato avrebbe inficiato le possibilità di salvezza.

MANUEL LETTIERIIl Sorrento ebbe un ottimo impatto con la partita ma faticava a concretizzare la produzione di gioco. Solo a ripresa inoltrata, a sparigliare le carte ci pensò Lettieri, entrato da poco sul rettangolo di gioco. Il vantaggio galvanizzò l’intera squadra e, quando scorrevano i titoli di coda, Maiorino mise il risultato al sicuro rimpinguando anche il suo personale bottino. In tutto questo, il Messina piegò la Vigor Lamezia e l’ottavo posto distava un solo punto a tre giornate dalla fine. Nel prossimo turno si doveva andare proprio al “San Filippo” di Messina contro una squadra a cui bastava un punto per la salvezza, ma i peloritani di Grassadonia non fecero calcoli e vinsero dinanzi ai propri tifosi. La vittoria anche della Vigor fece dileguare qualsiasi velleità di ottavo posto. Veniamo poi alla vittoria con il Melfi e a quella di Castel Rigone, entrambe importanti per blindare gli spareggi, che si andranno a giocare come primi nella griglia di partenza e con la possibilità di beneficiare anche di quattro pareggi. Abbiamo descritto il campionato al passato remoto come se si fosse giocato anni fa, perché ora bisogna resettare tutto e partire pensando di giocarne un altro. Domenica 18 si giocherà in casa dell’Arzanese, una squadra con il morale alle stelle per aver recuperato una stagione che sembrava andata a ramengo, bisognerà subito placare la furia biancoceleste. Sono tre anni che il Sorrento disputa play off e play out, sia con una squadra attrezzata come quella che, per due anni, sognava l’approdo tra i cadetti e sia con una inadeguata come quella retrocessa la scorsa stagione, che sia questo l’anno giusto per esorcizzare questa maledizione? SORRENTO GELA

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