SERVIZIO A CURA DI MAURIZIO LONGHI. Il Napoli saliva dalla serie C1 ma voleva subito puntare al grande salto nella massima serie. La società partenopea era al lavoro sul mercato mentre l’Italia di Lippi alzava la coppa del Mondo sotto il cielo di Berlino. Proprio B come Berlino fu denominato quel campionato cadetto, in cui militava anche la Juventus, retrocessa per lo scandalo Calciopoli, e con cui rimasero tanti freschi campioni del Mondo. Gli azzurri non volevano essere da meno e acquistarono il miglior giocatore dello scorso campionato (quel De Zerbi che abbiamo intervistato la settimana scorsa) e soprattuto il capocannoniere, Cristian Bucchi, issatosi sul trono dei giocatori più prolifici andando a bersaglio ben ventinove volte con la maglia del Modena. Investimenti importanti che diedero i loro frutti visto l’esito di quel glorioso campionato. Ma, sebbene quei pezzi da novanta che arricchirono il reparto offensivo, i gol e l’esperienza di uno come il Pampa Sosa furono determinanti. Ecco, Sosa e Bucchi furono compagni di squadra e di reparto in un anno incancellabile. Ora il Pampa allena il Sorrento e il suo ex compagno di squadra, che ha già provato l’ebbrezza, pur con risultati poco esaltanti, di sedere sulla panchina di un club di A, ne decanta umanità e professionalità. Con una signorilità esemplare, degna di un grande uomo, l’ex bomber azzurro si concede alle nostre domande perché, a suo dire, non si può rifiutare una intervista sul Pampa. Questa è una dimostrazione di come affetto e stima, sentimenti sinceri e spontanei, possano sormontare ogni forma di competizione tra chi lottava per guadagnarsi un posto da titolare. Scopriamo, anche attraverso un’altra bellissima testimonianza, chi era Sosa nello spogliatoio: “Era un grande. Un leader sempre e in ogni situazione, anche quando non giocava era sempre pronto a spendere parole importanti e di incoraggiamento per i compagni. Davvero una persona eccezionale, sempre positivo negli allenamenti e non si risparmiava mai. Era di un’altra categoria, si capiva che era un grande, non solo quando parlava, ma anche nel silenzio con i suoi atteggiamenti e il suo carisma”.

bucchi NAPOLI SORRENTOCristian Bucchi a cui, in un’età giovanissima per un emergente, è stata data la possibilità di allenare in serie A, nella sua carriera da calciatore si è ritrovato, nel giro di un anno, dall’Eccellenza alla serie A. Continuando ad essere protagonista e a segnare come se per lui non ci fossero differenze tra un San Siro e un campetto di periferia. Una favola personale. Ha conquistato anche cinque promozioni in massima serie con cinque squadre diverse (Vicenza, Ascoli, Napoli, Siena e Bologna). Un curriculum di tutto rispetto che non l’ha insuperbito affatto, il suo carattere trasuda umiltà e, spiegandoci i segreti del successo di quel Napoli, c’è da apprendere tanto su come si costruisca una mentalità vincente: “Eravamo tutti grandi giocatori per la categoria, la conoscevamo bene, c’era chi aveva già vinto il campionato anni prima e chi poteva vantare già esperienze di massima serie. C’erano tutti i presupposti per vincere, sul fatto che non si giocasse bene, è vero ma eravamo una squadra cattiva, che cercava di fare risultato a tutti i costi. Ecco, giustamente mister Reja non è ricordato per aver conferito spettacolarità alla squadra ma per aver contribuito a creare un grande gruppo. Probabilmente, aveva capito che fosse quella la strada migliore per arrivare al successo. Non giocavamo bene ma subivamo pochissimi gol, lottavamo ogni partita come fosse una finale. Ma poi, anche chi restava fuori, non si lamentava mai, faccio fatica ad esprimere con le parole quell’unità d’intenti che si era creata. Tutti remavano nella stessa direzione, l’importante era solo ed esclusivamente il bene della squadra, c’era uno spirito, un affiatamento ma, soprattutto, c’erano uomini veri”.

bucchi_treGli chiediamo anche i ricordi più belli e le sue parole fanno rabbrividire: “Al di là della grande festa promozione al Marassi di Genova, quando brindammo insieme al ritorno in serie A, ricordo l’aria che si respirava negli spogliatoi. Arrivavamo un’ora prima al campo, ci volevamo bene, ci facevamo tantissimi scherzi, ci prendevamo in giro, insomma eravamo veri amici. Non vedevamo l’ora di arrivare all’allenamento perché erano momenti bellissimi, qualcosa di incredibile, quello era il vero calcio. Ecco, quando poi si viene a creare un gruppo del genere, l’amicizia resterà per sempre, ancora oggi ci sentiamo spesso, c’è Savini che collabora con me, con il Pampa abbiamo fatto viaggi insieme e ci vediamo ai corsi di aggiornamento, poi con i vari Montervino, Gatti, Domizzi, Dalla Bona, ma giusto per fare qualche nome. Non mi meraviglio che molti di quella squadra stiano allenando o abbiano altri ruoli all’interno di società, sapevamo che la nostra era la mentalità giusta per vincere, l’uno era al servizio dell’altro, faccio un esempio: se uno siglava una doppietta che non aveva portato alla vittoria, era il primo a stare male per i mancati tre punti. I personalismi non esistevano, questa era la nostra forza. Ecco, è una grande ricchezza poter trasmettere questi valori anche in veste di allenatore. Proprio sulla base di quell’esperienza, a chi mi ritrovo ad allenare dico sempre che, quando c’è un obiettivo comune, si possono raggiungere anche gli obiettivi individuali”. Le parole di Bucchi rimandano a quelle di qualche giocatore del Sorrento che, nel corso delle ultime settimane, ci ha dichiarato come gli allenamenti siano diventati pesanti perché tengono banco altre questioni e non quelle calcistiche. Le vere vittorie non si ottengono la domenica ma durante gli allenamenti settimanali se si crea il contesto adatto.

Cristian Bucchi ha una grande ammirazione per mister Sosa, frutto di un’amicizia che dura nel tempo e che si fonda su valori importanti, quelli che contraddistinguono i veri uomini. Entrambi si sono ritrovati a parlare anche del Sorrento e scopriamo ciò che ne è venuto fuori: “Ho un rapporto splendido con il Pampa, ci siamo confrontati spesso nell’ultimo periodo. Mi ha parlato in termini positivi della possibilità che sta avendo a Sorrento, so anche che ci sono difficoltà ma, conoscendo la persona, so che ha un entusiasmo in grado di andare oltre a qualsiasi problema. Di certo non è l’ideale, alla prima esperienza in una panchina, trovarsi a far fronte con diverse problematiche, ma il Pampa ha una immensa voglia di allenare e di trasmettere ai ragazzi che ha a disposizione, chi è stato lui da calciatore. Ritengo che stia facendo benissimo se rapportiamo tutto agli obiettivi, e mi auguro e sono sicuro che farà sempre meglio. Lo merita perché è una persona eccezionale, anzi, ne approfitto per mandargli un grandissimo abbraccio”. Un abbraccio lontano ma sincero, quasi fraterno. Di due uomini di calcio che hanno lavorato e vinto insieme e che, adesso, sono animati dallo stesso desiderio di vincere ancora, stavolta da allenatori.

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