SERVIZIO A CURA DI MAURIZIO LONGHI. “Mi meraviglio di come questa squadra abbia gli stessi punti nostri, è una delle migliori del campionato, ha un organico fantastico, un allenatore di prim’ordine. Non abbiamo mai sofferto contro nessuna avversaria come è successo contro il Sorrento”. Queste parole sono state pronunciate da mister Alvini, in sala stampa, alla fine di Sorrento-Tuttocuoio. Una partita in cui la sua squadra perse nettamente al “Campo Italia”, con i costieri che, a tre giornate dalla fine, raggiunsero i conciari in classifica. Il loro tecnico, da come si deduce dalle dichiarazioni, era sorpreso di come il Sorrento, definita la peggiore avversaria, non veleggiasse nelle alte sfere della classifica. Se pensiamo che ora loro stanno festeggiando la permanenza in Lega Pro, mentre i costieri devono ancora smaltire la delusione per l’ennesimo spareggio fallito, c’è da riflettere molto. Ed è anche l’ennesima volta in cui non si riesce neanche ad andare in finale, si viene eliminati sempre prima, come se ci si sentisse a disagio, fuori luogo. Certo che è strano il calcio, ritrovarsi a festeggiare un obiettivo raggiunto mentre, chi era più attrezzato, se ne esce con le pive nel sacco. Possiamo interpretare come vogliamo le parole di mister Alvini, al termine di una partita molto importante sia per il Tuttocuoio che per il Sorrento. Tra le file neroverdi c’era la speranza di inseguire ancora l’ottavo posto e tenere a distanza gli uomini di Simonelli che, invece, li raggiunsero in classifica. E fu una partita letteralmente dominata dai rossoneri, superiori in lungo e in largo a Salzano e compagni. A fine partita, ci si poteva aspettare un Alvini furioso o, quantomeno, amareggiato per la prestazione dei suoi, invece, il suo volto era disteso e trasudava serenità: “Il Sorrento è più forte, che ci fa a lottare con noi?”, questo il senso e il significato del messaggio. Naturalmente, ripensando a quelle parole, la rabbia aumenta per come sono andate le cose, soprattutto se la mente ritorna al nefasto pomeriggio di Frattamaggiore. Non solo gli spareggi li ha vinti una squadra il cui allenatore considerava il Sorrento più di una spanna superiore, ma ad andarsi a giocare le finali contro i conciari, è andata un’Arzanese battuta per ben tre volte su quattro dai rossoneri. Inutile stare ancora qui a rimuginare chiedendosi cosa non sia andato per il verso giusto, ci sono stati tanti fattori, al di là dell’incidenza di uno su un altro e la posizione di qualche ala oltranzista. Ci si aspettava una serie di mea culpa, invece, c’è stato solo quello del tecnico Simonelli ad onor del vero, poi un silenzio assordante. Ma è meglio stendere un velo di pietoso silenzio su messe in liquidazione e “La porti una foto a Milano”, in quel di gennaio, naturalmente. La certezza è che il Sorrento era stato costruito per restare tra i professionisti, tant’è che, l’allenatore di una squadra con cui ci si contendeva un posto per la salvezza, ne ha ammesso competitività e superiorità. Intanto, quella squadra si è salvata, mentre i rossoneri sono precipitati negli abissi. A pensarci ci si arrovella il cervello, ci si chiede se loro ci abbiano creduto di più, se siano stati più carichi e motivati o semplicemente più fortunati, sta di fatto che il campo si è espresso così. Il vero giudice del calcio ha emesso queste sentenze, e chissà che non sia meglio così, affinché da un sano repulisti si possano auspicare fenomeni di palingenesi.

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