SERVIZIO A CURA DI MAURIZIO LONGHI

 Abbiamo aperto tante pagine di storia, dall’era Lauro con le imprese del Flaminio e del San Paolo, fino ai successi più recenti come la finale del Pinto di Caserta contro la Viribus Unitis, il blitz a Milano Marittima contro il Cervia di Ciccio Graziani, il doppio salto dalla D alla C1 del Sorrento targato Cioffi.

sorrentino2Ma la macchina del tempo doveva arrivare agli anni ’50, l’epoca del Flos Carmeli di Padre Fernando Sorrentino. Soprattutto quelli dal ’52 al ’54 sono stati memorabili, con quei ragazzi peninsulari capaci di ottenere ben due promozioni. Ricordi indelebili per chi li ha vissuti, Sorrento voleva essere protagonista nel calcio e riuscì a farlo grazie ad un frate carmelitano. Il nome Penisola Sorrentina non convinceva, così il religioso decise di chiamare la squadra Flos Carmeli (Fiore del Carmelo).

Sono passati tanti anni, decenni e decenni, ma Padre Fernando Sorrentino è ancora una memoria vivente di quell’epoca. Ha 92 anni e vive nel Convento dei Carmelitani a Vico Equense. Ci teniamo tantissimo ad aprire insieme a lui lo scrigno dei ricordi e contattiamo la casa religiosa. Ci invitano ad andare il pomeriggio, verso le ore 18, quando lui, solitamente, scende per incontrare i fedeli. È un freddo giovedì di novembre, su alcune strade iniziano ad accendersi le prime luci di Natale, prima che cali la sera il cielo si tinge di un blu chiaro mentre un sole tra l’arancione il dorato si abbandona al lento abbraccio dell’orizzonte.

Chi non ha vissuto quei momenti può solo immaginarli attraverso le ricerche di chi ha provato a ricostruirli, e uno immagina il Flos Carmeli che debutta a Portici, che vince il campionato di Seconda Divisione e vola in Prima, che mette in bacheca anche il titolo Campano-Molisano, che si aggiudica, l’anno successivo, lo spareggio contro il Saffa e brinda al passaggio dalla Prima Divisione alla Promozione. Ci si immagina anche qualche giocatore, come quel Raffaele De Martino, detto “O’ Munifà”, che segnò quattro reti nella finale di Campobasso contro l’Aurora Ururi con il Flos Carmeli che si laureò campione regionale. Entriamo al convento e ci sono dei fedeli tra i banchi in attesa che inizi la Messa, accanto all’altare, vediamo un signore anziano che se ne sta in silenzio, assorto nei suoi pensieri.

Ci avviciniamo con discrezione porgendogli una vecchia foto che ritrae lui, con una lunga talare, insieme ad un calciatore. Sgrana gli occhi e dice: “O’ Munifà”, e un’emozione quasi divina entra nel tempio del Signore. Il dono della vita è anche quando, dopo una certa età, si diventa quasi bambini pur riuscendo a conservare la lucidità per ricordare tutte le tappe di una lunga esistenza. Padre Sorrentino è pronto a raccontarci tutto ma ci invita per l’indomani, gli impegni parrocchiali hanno la priorità, dopo la Messa c’è un incontro di preghiera, del resto anche a 92 anni l’agenda può essere piena. Prendiamo appuntamento per l’indomani mattina.

Sulla costiera splende un sole accecante, bussiamo al citofono dei carmelitani e ci fanno salire. Sono molto cordiali nell’accogliere il sottoscritto e Antonio Abbate, caro amico ed esperto della storia del calcio sorrentino, attraversiamo una serie di corridoi con scaffali grondanti libri, ci sono anche tanti addobbi natalizi, c’è una vetrata con una immensa terrazza prospiciente il mare, poi arriva la stanza di Padre Sorrentino. È seduto dietro la sua scrivania, ci accoglie con il sorriso e ci invita a prendere posto di fronte a lui.

Nella mente risuona ancora il suo grido di meraviglia, quando ha visto la foto con “O’ Munifà”, gli chiediamo subito chi fosse: “Veniva chiamato così perché aveva sempre fame, era fortissimo con una velocità strepitosa. Gli avversari lo temevano molto, tanti lo beccavano anche perché segnava sempre, quasi in ogni partita. Le altre tifoserie lo chiamavano “O’ corean” visto che, a quei tempi, c’era la guerra tra gli Stati Uniti e la Corea e, contro di lui, si doveva battagliare per avere la meglio”. Sono state tante le partite che hanno visto protagonista il Flos Carmeli, i cui giocatori, tutti sorrentini, riscuotevano grande consenso.

Nel ’52-’53 si brindò alla promozione in Prima Divisione, ottenuta battendo il Federconsorzi Benevento per poi andare a violare Campobasso nella famosa finale contro l’Aurora Ururi terminata 6-3 per i rossoneri che valse la vittoria del titolo regionale. Per arrivare a quell’appuntamento, si dovette battere il Pizzofalcone nella finale campana giocata sul neutro di Torre del Greco, peraltro il 16 luglio, giorno in cui si celebra la Beata Vergine del Carmelo e Padre Sorrentino non potette assistere alla contesa. I costieri avevano una motivazione in più per battere i pompieri: il premio partita promesso da Achille Lauro, presidente del Napoli, che pose anche un’altra condizione: che il Flos Carmeli giocasse in maglia azzurra. Quella stagione fu nobilitata anche dall’amichevole giocata proprio contro il Napoli dove i rossoneri riuscirono a tenere testa agli azzurri per un tempo prima di capitolare sotto i colpi dei vari Vitali, Formentin e altri.

sorrentino3In quella squadra militavano anche calibri pesanti come Jeppson e Pesaola, ma non presero parte alla partita che attirò antipatie politiche a Padre Sorrentino: “Ci fu quest’amichevole con il Napoli di Achille Lauro che, vinse anche le elezioni diventando il sindaco della città partenopea. Così la Democrazia Cristiana strumentalizzò quell’evento per accusarmi di aver aiutato il Comandante ma furono tutte illazioni non corrispondenti alla verità. A tutti i giocatori del Napoli regalai un carillon per ricordo”.

L’anno successivo le emozioni incalzarono ulteriormente perché ci fu un altro salto di categoria: si approdò in Promozione. Ma il cammino fu lungo e impervio. Dopo la prima fase, ci fu una seconda incandescente con una contesa infinita con il Montesarchio, soprattutto una sfida in terra sannita è rimasta impressa nella memoria di Padre Sorrentino:“Resterà storico quel confronto con il Montesarchio. Giocammo prima in casa contro di loro, e purtroppo, un loro giocatore – (Caturano, secondo alcuni articoli) – fu costretto ad andare al Pronto Soccorso. Non era colpa nostra, ma loro giurarono vendetta al ritorno. Così, quando arrivò il momento della trasferta beneventana, pregai Barbato, il Commissario della Pubblica di Sicurezza che, a sua volta, telefonò al Questore di Benevento perché non ci fossero problemi di ordine pubblico. Il loro campo non aveva le recinzione, noi non giocammo bene ma, appena segnammo ad inizio ripresa, ci fu una invasione di campo dei tifosi avversari e non si capì più niente, i miei giocatori per proteggermi mi rinchiusero nello spogliatoio. C’erano pure delle guardie comunali, il nostro portiere Agostino De Gregorio, detto Bacigalupo, era nu piezz e uaglione e, per difendersi, colpì una di queste guardie. Successe che lo portarono temporaneamente nel carcere e non volevano rilasciarlo, noi non sapevamo cosa fare. Poi, questi tifosi, assaltarono anche il nostro pullman rompendo dei vetri. Tornammo a Sorrento in tarda notte, la mamma di Bacigalupo era preoccupata e le dicemmo che era rimasto a Montesarchio a casa di amici, una bugia per non perdere il controllo della situazione. Quella notte la passai al telefono con l’avv. Stelio Sguanci, era fiorentino ma viveva a Sorrento. Restammo che saremmo andati lì l’indomani mattina per tornare con Bacigalupo. Addirittura in Pretura c’era una causa contro di lui, l’avvocato Sguanci fece un’arringa straordinaria, più o meno disse: “Montesarchio è una cittadina storica del Risorgimento italiano, perché qui avete avuto come prigioniero Luigi Settembrini, lui amava la patria, era la sua passione e questo gli costò prigionia e sofferenza morale. Anche la passione per lo sport è positiva, questo giovane è così attaccato ai valori e ai colori della sua squadra che l’ha difesa in prima persona”. Alla fine, sbatterono tutti le mani e Bacigalupo fu rilasciato perché non aveva commesso reato”.

Il Flos Carmeli riuscì ad accedere alla terza fase, imponendosi poi nella finale con il Saffa giocata sul neutro di Portici. Ma in quella stagione ci fu una partita che fece rischiare la vita a Padre Sorrentino: “A Nocera, c’era uno che mi stava ammazzando con un violento colpo di ombrello. Tra i nostri giocatori, c’era anche Antonino Di Leva, detto “ Timbone”, il cui padre veniva sempre a vedere le nostre partite e si metteva dietro di me. Durante le partite, mi agitavo, mi dimenavo, nun riuscev a sta’ quieto, questa persona si dovette contrariare a tal punto che mi avrebbe colpito se non ci fosse stato il tempestivo intervento del papà di Timbone”. Narrazione di un calcio d’altri tempi ma con gli esagitati sempre presenti. Ora, questo fiume incessante di ricordi strappano sorrisi a Padre Sorrentino che si commuove nel raccontarli.

Scava nella sua memoria e riaffiorano emozioni uniche. Era una personalità dotata di un carisma che il tempo non ha eroso, ha dedicato una vita intera ai suoi ragazzi: “Li amavo molto, ci tenevo che partecipassero alla Santa Messa la domenica mattina quando non giocavamo in trasferta poi, siccome non si celebrava la domenica pomeriggio, me li portavo lo stesso con me e ad alcuni facevo catechismo. Mi interessavo del loro profitto scolastico andando a parlare con i professori, anche con il preside della scuola di Sant’Agnello che, tra l’altro, era un prete. Avevamo una grande Azione Cattolica e i miei ragazzi, per due anni, vinsero il Premio Roma per la cultura religiosa, furono premiati da Pio XII. Il Flos Carmeli, oltre ad essere il nome della squadra, denominava anche l’oratorio la cui sede, in un primo momento era ubicata all’interno del convento, poi ci spostammo dietro Via della Pietà. Organizzammo tante belle iniziative come quella dei carri allegorici: un anno rappresentammo il Sogno di Schumann, un grande pezzo di musica che suonava continuamente con un ragazzo vestito da angelo che scoccava una freccia verso una dea di bellezza impersonata da un’altra ragazza in veste bianca e adorna di fiori”. Gli domandiamo anche se vuole menzionare altri giocatori della sua gloriosa creatura: “Mi ricordo un altro portiere, Antonino Grandville che chiamavo il gatto magico perché saltava sempre tra i pali. Giocava bene anche Coppola, o’ biondin”. Padre Sorrentino resterà per sempre una istituzione per Sorrento, tant’è che nel 1983 è stato insignito di un riconoscimento civico e, aprendo il suo cassetto, ci regala la foto che ritrae quel momento importante e noi la custodiamo gelosamente. C’è, però, un particolare che salta all’occhio ed è stesso lui a chiarircelo:“Prima della riforma liturgica, si cambiava nome prima dell’ordinazione. Pensai a Sant’Antonio che si chiamava Fernando, io ho fatto il contrario, ho cambiato il mio nome di battesimo passando da Antonio e Fernando ma, all’anagrafe, risulta sempre il primo nome”.

Ci troviamo dinanzi ad uno uomo che ha scritto pagine bellissime della storia del calcio a Sorrento ma è pur sempre un uomo di Dio. Così ci facciamo dire cosa rappresenta la Fede in lui: “E’ una virtù divina che Dio ci dona gratuitamente nel Battesimo. Con questo Sacramento, riceviamo anche le tre virtù teologali: fede, speranza e carità. Noi, nel corso della nostra vita, dobbiamo impegnarci a far crescere queste virtù per accogliere anche le quattro cardinali: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. Da queste altre quattro virtù, si passa ai sette doni dello Spirito Santo (Sapienza, Intelletto, Consiglio, Fortezza, Scienza, Pietà e Timor di Dio) che ci vengono dati con la Cresima. Dalle virtù poi si arriva ai voti di castità, carità e obbedienza. Per amare Gesù, bisogna pensare al vento impetuoso della Pentecoste, perché spazzi via tutte le cose terrene, ed essere luce e fuoco, con il primo che serve ad illuminare e a conoscere, il secondo per amare. Il vero amore l’ha incarnato San Giovanni Evangelista che, durante l’Ultima Cena, ebbe il dono di poggiare il capo sul petto di Gesù ascoltandone le pulsazioni del cuore, quelli erano battiti d’amore”. La chiusura la lasciamo per un grande augurio. Rispolverare le bellezza del passato per scoprire nuovi aspetti della propria identità. Padre Sorrentino fece il Sogno di Schumann, perché la vita è tutta un sogno. Si può sognare ripercorrendo le emozioni di un passato imperituro e immaginando di viverne altre in futuro. Quel futuro che attualmente è incerto, Padre Sorrentino ci dice di seguire il calcio attraverso la televisione ma è poco aggiornato sulle vicende dell’attuale Sorrento. È anche un grande tifoso del Napoli, così quando gli diciamo che ad allenare i rossoneri è il Pampa Sosa, protagonista della recente ascesa dei partenopei, aggiunge: “Gli mando un forte abbraccio e benedico tutta la squadra”.

Ce ne andiamo con il cuore gonfio di gioia, consapevoli di essere stati ricevuti da un pezzo di storia vivente del Sorrento calcio e non solo.

Commenti

commenti