Un caffè con il professore Antonino Siniscalchi, decano dei cronisti della costiera sorrentina, giornalista de Il Mattino e Gazzetta dello sport.

Professore, insomma, domenica il Sorrento è atteso da un nuovo derby. Bisogna riscattarsi dopo la sconfitta contro la Casertana, ma l’Ischia ha valori tecnici da serie superiore…
«I valori tecnici dell’Ischia sono ancora una potenzialità inespressa. Certo, il Sorrento è atteso ad un appuntamento importante sia sotto il profilo tecnico che psicologico. Del resto, dopo queste prime giornate emergono una serie di indicazioni che caratterizzeranno la stagione rossonera. Squadra giovane, capace di esaltarsi o di deprimere senza motivazioni concrete. A Ischia una partita da tripla».

Cosa ti ha impressionato di questo nuovo Sorrento?
«La buona coesione che è riuscita a trovare il collettivo, nonostante sia stato formato con venti volti nuovi. Ovviamente, l’attacco una spanna sugli altri reparti».

Facciamo un passo indietro: sei il decano dei giornalisti, segui il Sorrento da tempo immemore, hai avuto la fortuna di esserne il segretario sotto la guida di Andrea Torino. Qual è la stagione, tra le tante, che ti ha dato più emozioni?
«È facile dire l’anno della promozione in serie B, 1970-71. Ma ampliando l’obiettivo su 46 anni di fede e passione rossonera, ricorderei anche il triennio 1973-1976, con Santin, Bolchi e Raffin in panchina, con calciatori del calibro di Corti, Nappi, Montorsi, Loddi, Abbondanza, Paesano, Buccilli, Petta ed il funambolo Scarpa che quell’anno fu attratto dal richiamo di tornare al Sorrento dopo le esperienze in B al Catania e alla Ternana».

E il calciatore di sempre che più ti ha impressionato?
«Sarebbe scontato ricordare Nando Scarpa, ma io mi soffermerei su due centrocampisti: Gianfranco Comola e Roberto Leschio. Grandissimi, il primo per la sapienza in fase di impostazione, il secondo per l’eleganza nel gestire la palla al piede».

Ci racconti un aneddoto inedito, legato al Sorrento calcio che ti è sfuggito nel libro che, insieme a tuo fratello Giovanni, scriveste sulla storia rossonera?
«Ce ne sarebbero tanti. Ma quello che ricordo con curiosità è quello dell’arbitro Levrero che chiedeva il documento del Comandante. Neanche a parlarne. Lauro rispose, se devo esibire i documenti non faccio giocare la partita. Mando via lei, i giocatori delle due squadre, il pubblico dalla tribuna, resto solo io… Inutile aggiungere che l’arbitro fischiò il calcio d’inizio senza che il Comandante esibisse i documenti».

Nello sport, si vince e si perde: il Sorrento ha offerto anche tante delusioni. Qual è stata quella che ancora grida vendetta?
«Le delusioni, forse al termine di un campionato brillante, con Gino Raffin in panchina: 1975-76. Un lungo testa a testa con Lecce, Benevento e Bari, concluso al quarto posto a sei punti dalla vetta».

Cosa è mancato al recente-Sorrento per quel salto di qualità tanto inseguito dalla gestione Gambardella?
«Il campo. Una struttura degna della ambizioni della società, di Mario e Attilio Gambardella, della città di Sorrento».

Perché c’è questa disaffezione verso i colori rossoneri? Eppure c’è tanta gente della costiera che, la domenica, si muove in massa verso altri palcoscenici, come il San Paolo…
«Perché noi siamo sostanzialmente provinciali. Manifestiamo l’immagine della città internazionale, ma abbiamo il “cuore” del piccolo paese, delle beghe di “campanile”».

Da cronista e osservatore, perché oggi siamo in Seconda divisione?
«Siamo in Seconda divisione per lo stesso motivo per il quale non sono state supportate le ambizioni della Famiglia Gambardella. Ci piaccio o no, il nostro “stadio” è inadeguato e offensivo per una squadra che rappresenta un centro turistico che registra tre milioni di presenze l’anno».

Quanto è difficile essere giornalista sportivo a Sorrento?
«A Sorrento è facile perché c’è molta coesione nell’ambiente, ma è allo stesso tempo difficile perché i fatti raccontati nello sport non danno spazio a mistificazioni e questa realtà non è sempre facile da far prevalere. Ci vuole tanta attenzione, autorevolezza e onestà intellettuale. Lasciami fare un complimento. Non l’avessi avuto per educazione e formazione non potrei vantare le soddisfazioni di aver collaborato con i due maggiori quotidiani sportivi nazionali, Corriere dello Sport e Gazzetta dello Sport, i quotidiani storici di Napoli, Roma e Il Mattino, ancora la Rai Sicilia negli anni settanta, Guerin Sportivo, Resto del Carlino…».

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