SERVIZIO A CURA DI MAURIZIO LONGHI. Il Sorrento è al lavoro. Finalmente si è in campo, con pantaloncini, scarpette e palloni. Nel ritiro di Massa Lubrense c’è una fiumana di giovani, lo prevede il progetto di questo nuovo corso. In un certo senso, è comprensibile l’atteggiamento di alcuni tifosi, come se non volessero accettare di ritrovarsi nuovamente in questa situazione. Negli ultimi anni, escluse le due sciagurate stagioni di amarezze, si annunciavano colpi di grande calibro perché c’erano obiettivi importanti da raggiungere. Promozioni su promozioni, entusiasmo sempre crescente, grande attaccamento alla maglia e cadetteria sfiorata per due campionati. Ora il Sorrento si è ridotto ad un marasma di giovani che sognano di indossare la casacca rossonera che, da gloriosa e agognata, è stata deprezzata per la dabbenaggine di qualcuno. Dopo l’onta che è costata il professionismo, si è stati per mesi in allarme e in gramaglie, con il rischio di fallire completamente. Il tifoso sorrentino era disposto a non credere più a niente, troppo disilluso per bruciare nuovamente di passione, si è sentito frustrato, tradito, vittima di una situazione in cui si è scoperto impotente. E ha reagito sempre con civiltà, criticando senza eccedere, non condividendo alcune scelte ma seguitando a sostenere la maglia, è arrivato persino a disertare lo stadio, una decisione estrema ma rispettabile. Il tifoso sorrentino è arrivato ad un punto in cui tutto lo rende insofferente e diffidente, perché vuole che a parlare siano i fatti e non le chiacchiere. Su questo siamo tutti d’accordo, ma proprio perché a parlare devono essere i fatti, allora non si capisce come mai c’è qualcuno che si pasce di ostracismo verso le nuove figure societarie. Possono anche non ispirare fiducia, ogni sensazione è soggettiva e personale, ma è del tutto incomprensibile continuare a stare sul piede di guerra senza avere molti elementi a supporto di questa posizione. È anche legittimo non sostenere subito perché, come già scritto, il tifoso sorrentino non crede più a niente e per conquistarne la fiducia ci vogliono fatti concreti, non è giusto ma giustissimo, perché allora c’è chi vorrebbe mandare via queste persone? Qual è l’alternativa? Restare senza calcio a Sorrento? A questo punto, prenderebbe sempre più corpo l’ipotesi che qualcuno boicotti la maglia rossonera. Così come era impensabile che i sorrentini accogliessero con osanna e tappeti rossi queste persone, è altrettanto impensabile delegittimarle senza ragioni. Ora si sta entrando nel vivo, l’allenatore è al lavoro, sul mercato si è attivi, la prossima settimana ci saranno anche i gironi, mentre c’è chi è disposto a gridare alla vergogna finanche per la folta barba di Sosa o per la sua statura da gigante, dovevano prenderne uno più basso. Il tifoso sorrentino, quello vero, disilluso dalle mortificazioni degli ultimi anni e desideroso di rivivere i momenti in cui si era protagonisti, anche se non è ancora convinto della bontà di questa nuova società, spera che la nuova era sia foriera di novità e successi. Non è un tifoso chi staziona sulla riva del fiume augurandosi il peggio, come sarebbe brutto uno scenario che preveda una pioggia di insulti dopo una sconfitta, un po’ come è successo l’anno scorso. Questa nuova società dovrebbe mettere al centro proprio il tifoso sorrentino, rendendolo partecipe del progetto, ma lo si può fare solo con un rispetto reciproco senza che il tutto sia viziato da forme di pregiudizi. A costarci il professionismo, oltre all’incompetenza e alla dissennatezza gestionale, è stata anche l’ostilità ambientale, non commettiamo l’errore che ci blocchi anche la possibilità e la speranza di crescere e rinascere.

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