SERVIZIO A CURA DI MAURIZIO LONGHI. Erano anni in cui l’Inter di Herrera annoverava tra le sue file calibri pesanti, campioni storici come Picchi, Facchetti, Suarez, Mazzola e tanti altri, impossibile citarli tutti. Quella squadra, nel giro di quattro anni, si issò per ben tre volte in cima al campionato italiano appuntandosi il tricolore sul petto e scrivendo pagine gloriose del club meneghino. Quell’Inter non trionfava solo in Italia ma anche in Europa, come fece nel ’64, nella finale di Coppa dei Campioni, a Vienna, contro il Real Madrid. I nerazzurri di Herrera trionfarono 3-1, e il protagonista assoluto fu Sandro Mazzola, autore di una doppietta. Quella corazzata non era ancora sazia di successi e di imprese e si ripeté anche l’anno successivo al di là del suolo italico. Leggendaria la doppia semifinale contro il Liverpool, dopo il 3-1 dell’andata, bisognava vincere con tre gol di scarto a San Siro per guadagnarsi la finale. E 3-0 fu e la finale si giocò proprio alla Scala del calcio, dove i nerazzurri si imposero di misura sul Benfica grazie ad un guizzo di Jair. Quella era un’Inter che trionfava ovunque, contro i club più gloriosi e blasonati e che, in quegli anni, trovava pace e quiete trascorrendo dei giorni a Sorrento. C’erano tante stelle nella Grande Inter, ma brillava soprattutto quella di Sandro Mazzola, il quale, con una signorilità d’altri tempi, si apre ai nostri microfoni e ci racconta qualcosa di quegli anni. La sua voce diventa più squillante quando gli chiediamo di quei ritiri a Sorrento: “Certo che me li ricordo, come no! Ci venivamo con piacere e ne approfitto per vuotare il sacco. Mister Herrera, ci metteva in riga, dovevamo mangiare quello che diceva lui e così, di sera, ce ne andavamo in una pizzeria al centro, non molto illuminata, dove potevamo mangiare una gustosissima pizza. Guai se lo veniva a sapere il Mago, ci avrebbe ammazzati, ma avevamo tanta fame e dovevamo soddisfarla. Ricordo che ci allenavamo sul campo in terra battuta, e facemmo anche un’amichevole con il Sorrento, la ricordo benissimo, terminò 2-0 per noi ma ora mi sfugge l’anno, credo fosse il ’64-’65. Se mi chiedete perché venivamo proprio a Sorrento, be’ facile rispondere. Ad Herrera piaceva molto visitare le bellezze del nostro Paese e non poteva restare insensibile al fascino della costiera. Erano ritiri lunghissimi, che duravano quindici giorni, anche perché venivamo pochissimo al Sud e, quando lo facevamo, un esteta come Herrera voleva godersi le bellezze che offriva. Sinceramente c’era la tentazione di passare quelle giornate anche in compagnia della famiglia, ma non era possibile, c’erano delle regole da rispettare – sorride Mazzola. Conservo un ricordo bellissimo di Sorrento e, sinceramente, anche di quelle pizze...”. Ecco la considerazione che hanno di Sorrento i grandi campioni del calcio che fu, in un momento in cui la maglia rossonera viene umiliata ripetutamente. Bisognerebbe pensare a questo per capire il peso di questa città che, non solo ha incantato e ispirato artisti e scrittori, ma anche chi è entrato nella storia del calcio italiano.

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