SERVIZIO DI STEFANO SICA

Tremila cuori per “ammuttare” la Sancataldese. I verdi-amaranto hanno fatto l’impresa anche così, grazie ad un pubblico che, domenica scorsa, è stato il dodicesimo uomo in campo sostenendo i propri beniamini anche nei momenti di difficoltà. La D, adesso, resta un sogno da coltivare, ma da tramutare in realtà per scrivere la storia. Ed a ribadirlo, ai microfoni di TuttoSorrento, è il tecnico Rosario Marcenò. “Siamo sempre stati seguiti in maniera massiccia – sottolinea – ma domenica non si era mai visto un pubblico così. Forse il migliore, per presenze e calore, in tutta la storia della Sancataldese”.

Siete andati sotto e avete temuto il peggio. Ma avere resistito anche con la forza dei nervi.

“Diciamo che il Sorrento ci ha sorpresi con un atteggiamento tattico diverso rispetto alla gara di andata. Si sono presentati con un 3-5-2 nel quale diversi giocatori si sono magari disimpegnati in ruoli per loro inediti. Tuttavia ho visto una squadra che puntava più sulle individualità che su trame di gioco ben precise. Lo stesso Scarpa partiva molto da dietro cercando di creare qualcosa, ma non abbiamo corso grossi rischi. Sapevamo che sarebbe toccato a loro fare la partita e anche il gran caldo ha influito sulle nostre gambe. Loro hanno scelto la via della fisicità, cercando di sfruttare le palle alte, e anche così abbiamo preso gol. Però la nostra forza è stata quella di restare tranquilli e di non scomporci. Siamo cresciuti alla distanza e, col pari e l’espulsione di Scarpa, loro non ci hanno creduto più”.

Proprio la tenuta psicologica della sua squadra, nonostante la giovane età, è stata decisiva.

“Ma questo non mi meraviglia. Il mio è un gruppo che lavora insieme da due anni e, in questo periodo, siamo cresciuti tanto sotto questo aspetto, raggiungendo un buon livello di maturità. I nostri giovani sono oramai navigati. Non tralasciamo anche il fatto che ci siamo disimpegnati in un girone tosto, affrontando partite tese con avversari forti. E questa è stata una buona palestra per tutti. Il Sorrento resta comunque una squadra con valori immensi e che era stata costruita per vincere. Ma nel calcio servono tanti aspetti che poi fanno la differenza, non conta solo il Dio denaro”.

In due campionati di altissimo livello, non può non esserci anche la mano dell’allenatore.

“Il merito è di tutti, società, calciatori e staff. E poi di un ambiente sano che ha fatto sì che i nostri ragazzi si dedicassero con più predisposizione al lavoro e al sacrificio. Mi auguro che molti dei miei giovani possano approdare a palcoscenici importanti, in D se non addirittura più su. Ne hanno le qualità e lo meriterebbero. Ora dobbiamo superare solo l’ultimo scoglio, ma siamo pronti”.

Affronterete in casa il primo match col Castrovillari: uno svantaggio?

“Non credo. Giocare il ritorno in casa può essere positivo se hai fatto un risultato importante all’andata. Ma se perdi, poi sei chiamato a vincere con tutte le pressioni che questo comporta. Queste sono sfide che si giocano in 180 minuti e, per vincerle, servono concentrazione, tenuta nervosa e personalità. Bisogna prepararsi bene ed avere sempre l’atteggiamento giusto. Poi tutto è possibile”.

 

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