ANDREA PASINISERVIZIO DI MAURIZIO LONGHI. Salutare la Dea e trovare la Sirena, non è un poema mitologico ma ciò che è successo ad Andrea Pasini, giunto in prestito al Sorrento dal settore giovanile dell’Atalanta. A 18 anni, ha lasciato casa e si è tuffato in una nuova avventura in una realtà sconosciuta. Dal Nord al Sud, il viaggio di un diciottenne all’inseguimento di un sogno. È approdato con una valigia piena di desideri, di slanci, sperando di non avere problemi di ambientamento e di poter dimostrare il proprio valore. Sapeva di avere una possibilità importante per la sua carriera, una prima vetrina per mettersi in mostra, sempre per inseguire un sogno: quello di crescere e di puntare in alto. Nello scacchiere di mister Sosa, gioca come esterno alto di sinistra, finora è stato tra i più utilizzati e, con il passare delle partite, si vede che acquista sempre più fiducia. Ma ci assale il dubbio che sia la squadra a non avere molta fiducia in se stessa, probabilmente destabilizzata da fattori esterni. C’è troppa discontinuità, non si riesce a vincere due gare di seguito, con il Noto c’era la possibilità di farlo, invece, si è registrato un tracollo. A Pasini chiediamo proprio le cause dell’ultimo tonfo: “Abbiamo sbagliato l’atteggiamento iniziale, a differenza di altre partite. Non siamo scesi in campo con la cattiveria agonistica come in altre occasioni e l’abbiamo pagato a caro prezzo. A livello inconscio, abbiamo sottovalutato l’impegno, così è calata l’attenzione e abbiamo perso anche contro l’ultima in classifica che non aveva mai vinto. Ma è un po’ il leit motiv del campionato, se non affronti le partite con la giusta determinazione, si capitola, ed è quello che è successo a noi, peraltro con un avversario visibilmente più agguerrito”.

Un quarto del campionato è alle spalle, si possono trarre i primi bilanci nonostante ci sia ancora un’eternità di partite da giocare. Pasini è un giovanissimo, gli chiediamo qual è stata la partita più importante dal punto di vista personale e quella che l’ha convinto di più a livello di squadra: “L’emozione più grande è stata esordire alla prima di campionato contro il Marcianise, giocare con tanti spettatori sugli spalti è stato grandioso per me che venivo dalla Primavera. Sono andato anche vicino al gol e segnare sarebbe stato il massimo, debuttare tra i professionisti e andare a bersaglio mi avrebbe procurato una gioia immensa. E poi, a livello di squadra, la gara contro il Due Torri è stata fantastica. Lì veramente siamo scesi in campo convinti di poterci imporre con determinazione e cattiveria agonistica. Ma oltre al grande piglio, abbiamo espresso un bel gioco, un calcio vero fatto di divertimento e concretezza. E anche in questo caso c’è stata una soddisfazione personale perché, a risultato già archiviato, ho realizzato anche il mio primo gol”.

Il Sorrento risulta una squadra ancora indecifrabile, l’organico sembra ben attrezzato vantando giocatori importantissimi per la categoria. Ma a mancare sono i risultati, ciò che contano di più. Il prodotto del settore giovanile atalantino ci dice dove, secondo lui, possono arrivare i rossoneri: “Col gruppo che abbiamo, mi riferisco a staff e giocatori, possiamo salvarci tranquillamente ma ad una condizione: che scendiamo in campo sempre con la mentalità giusta. Se sbagliamo l’approccio rischiamo di rimediare brutte figure, in questi campionati, può succedere che l’ultima dia filo da torcere a chi sta ai vertici. Questo ci deve insegnare tanto, l’unico modo per fare bene è scendere in campo con lo spirito giusto e cattiveria agonistica”.

A 18 anni, cambiare i propri ritmi di vita può sbalestrare mentalmente, dal giovane orobico ci facciamo dire come è stato l’impatto con la costiera e cosa, finora, gli sta lasciando questa esperienza: “All’inizio, pur non trovandomi male, ho avvertito un po’ la mancanza delle vecchie abitudini. Ero abituato alla mia realtà ma non potevo pensare di restarci per tutta la vita, prima o poi doveva arrivare il momento di approdare altrove e sapevo che mi avrebbe destabilizzato, almeno all’inizio. Ora mi trovo bene e posso dire che i miei compagni mi vogliono bene, i più esperti mi hanno aiutato ad integrarmi ed è stata una fortuna. Questa esperienza mi sta servendo tantissimo per il mio personale processo di crescita e maturazione”. Lo vediamo macinare chilometri sulla corsia mancina, facendo registrare sempre più progressi. Ma Pasini è consapevole di dover ancora migliorare: “Sono un esterno alto che predilige ricoprire l’out mancino, soprattutto all’inizio avevo difficoltà quando il mister mi chiedeva di tornare per dare manforte alla fase difensiva. Nella Primavera dell’Atalanta giocavo da trequartista ed ero esentato da compiti di copertura, capitava l’eccezione quando le avversarie si schieravano con un mediano. Comunque, tornando al contesto attuale, ho tanta voglia di fare bene e sono a completa disposizione del mister che, tra l’altro, è una bravissima persona e ci mette in condizione di esprimerci al meglio”.

Questo Sorrento, finora, ha mostrato qualcosa di buono ma anche tante lacune. La classifica è deficitaria e non ci si può permettere di steccare ancora per non impantanarsi nei bassifondi. Da Pasini ci facciamo dire le qualità e le carenze che ha ravvisato: “Tra i pregi ci metto soprattutto le grandi individualità di cui è dotata la squadra, penso ai vari Iuliano, Visciano, Garbini, Vitale e ancora altri. Sono tutti giocatori di esperienza, che conoscono bene la categoria e permettono a noi più giovani di giocare con più tranquillità. Ecco, si comportano da professionisti anche a livello umano, ci aiutano tantissimo con suggerimenti e incoraggiamenti. Ciò che, invece, ancora non va bene è la perdita di concentrazione che ci colpisce in alcune partite. Stiamo pagando sulla nostra pelle quanto sia deleterio approcciare male alle partite, in verità, succedeva soprattutto ad inizio campionato quando prendevano gol nella prima parte delle gare e poi, a livello mentale, era sempre più difficile rialzare la testa. Dobbiamo lavorare perché non ci siano più distrazioni”. Purtroppo, per completezza, una parentesi sulla nota dolente non può mancare. La questione societaria tiene banco, Pasini è uno che vive l’ambiente e ci può dire che aria si respira al suo interno. Il timore è che il rendimento generale sia fortemente condizionato dalle incertezze extracalcistiche: “Diciamo che nello spogliatoio questi problemi non passano inosservati. Si percepisce quando il clima non è tranquillo, la questione stipendi non riguarda me che sono di proprietà dell’Atalanta e che sto qui per far bene e crescere, ma c’è chi vive di calcio e ha una famiglia da mantenere. Normale che si senta frenato e che non giochi con tranquillità e serenità, anche agli allenamenti il pensiero va sempre lì e non si riesce a dare il massimo. Il calcio è uno sport collettivo, se c’è qualcuno che non riesce a lavorare con la mente libera, ne risente tutta la squadra”.

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