SERVIZIO A CURA DI MAURIZIO LONGHI. Una rondine non fa primavera. Troppo banali per dire che una sola vittoria non può cancellare un cammino costellato di flop e mortificazioni? I tifosi ne hanno sopportate così tante che, dopo lo stop con l’Ischia, si è arrivati al culmine della pazienza e si è detto basta. Basta con le prese in giro, basta con le illusioni, basta con le chiacchiere (ma neanche tante). Perché si è così carenti a livello dirigenziale che manca anche una figura che prenda la parola per placare gli animi quando sono incandescenti. Ma ora ci vogliamo concentrare sul bicchiere mezzo pieno, quello che ci portiamo dietro dalla vittoria contro l’Arzanese. Un blitz a pochi chilometri da casa, il modo migliore per riaversi senza perdere tempo.

Adesso proviamo ad immedesimarci nella testa di un tifoso del Sorrento (come del resto lo siamo tutti noi): la parabola fulminea con cui Maiorino ha trafitto Fiory che fotogramma può rappresentare? Quello della riscossa o un capolavoro isolato in un arido deserto? La voglia di riemergere dai bassifondi e proiettarsi verso gli spareggi o uno sporadico flash per immortalare un istante che ha racchiuso classe ed estetica? Ma più che decantare la prodezza di un singolo, il tifoso vuole vedere gente con spirito battagliero, con fame di vittorie, con il fuoco a divampare fiamme di ardore.

C’è da dire che la reazione c’è stata dopo le quattro sconfitte consecutive, e ora il calendario presenta un impegno che non si può assolutamente steccare. Il match casalingo contro il fanalino di coda Gavorrano, squadra che appare senza pretese e inchiodata ai propri limiti strutturali. Purtroppo, anche un successo contro i maremmani, potrebbe non servire a niente se poi non si fanno punti preziosi nel doppio impegno abruzzese sui campi di Chieti e Teramo. Questo è il prezzo da pagare quando si lasciano troppi punti per strada, poi non si può più sbagliare e, per limitare al minimo il rischio di inciampare, bisogna essere sereni ma soprattutto avere gli attributi. Quelli dei quali i tifosi hanno lamentato la mancanza, quelli di cui bisogna necessariamente dotarsi per affrontare i marosi di una classifica deficitaria. Gli attributi o ce l’hai oppure no ma, in alcuni casi, emergono in tutti quando a venire toccata è la propria dignità o quando si viene tacciati di non avere un’anima.

È in questi casi che gli attributi vengono fuori, poi si può pure perdere, ma un conto è farlo mantenendo orgoglio e identità, un altro è quando succede inabissandosi negli anfratti di un frustrante anonimato. Nessuna pretesa che la squadra debba scendere in campo con la pressione di dover vincere a tutti i costi (anche se lo imporrebbe la classifica), ma è legittima quella che ci si ricordi di tenere alto il nome della maglia che si indossa. Per la quale ci sono tifosi che piangono e gioiscono, l’hanno fatto negli anni e continuano a farlo. Vincere è una speranza, lottare è un dovere.

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