SERVIZIO DI STEFANO SICA. “Purtroppo mi ero accorto in appena 10 giorni di lavoro che non c’era, da parte di chi era chiamato a gestire ed a prendere decisioni, una profonda voglia di salvare la squadra. Quando sono stato chiamato, pur essendo perfettamente a conoscenza di determinate difficoltà tecniche e societarie, non ho esitato ad accettare perché il Sorrento lo avrei allenato anche in Prima Categoria”. Archiviato l’ennesimo campionato fallimentare del Sorrento con la terza retrocessione consecutiva, per Renato Cioffi, chiamato in primavera al capezzale della squadra rossonera, è il momento della verità. Fulminea la sua seconda esperienza sulla panchina costiera, un frutto amaro e consequenziale di una conduzione societaria disastrosa ed a tratti impalpabile. Cioffi, parlando con TuttoSorrento, decide così di ripercorrere quelle fasi, dal giorno della presentazione all’Hotel Continental in un clima di festa e di speranza, al suo improvviso addio nel post gara con la Neapolis. Un divorzio che in un certo senso apriva uno squarcio nella malagestione del Sorrento. “Mi dispiace che una parte dei tifosi, pochi per la verità, non abbia capito al volo le mie dichiarazioni relative alle dimissioni post-Neapolis – il suo incipit -. Eppure tra le righe avevo fatto intendere che c’era qualcosa di allarmante. Non ero certamente un pazzo a decidere di andare via dopo appena due giornate. E, infatti, gli ultimi ad essere colpevoli sono i calciatori. Hanno tirato avanti tra mille difficoltà, mai messi nelle migliori condizioni per lavorare anche con le basi minime. Intanto mi sento di porgere a Claudio Pirone (il tecnico del Sorrento che ieri ha accusato un malore nel post gara, ndr) gli auguri di una pronta guarigione. E poi aggiungo che, almeno da parte mia, non sarebbe stato normale restare ed accettare tutto pur di farmi pubblicità. Alla nostra categoria bisogna ridare credibilità, e ogni allenatore deve farsi rispettare ed avere rispetto di se stesso. Dico questo perché il Direttore Nicola Dionisio mi aveva prospettato di mandare via 5-6 elementi esperti, io mi opposi perché questa squadra, che già aveva qualche carenza strutturale, non avrebbe potuto privarsi addirittura dei calciatori più navigati. Dopo il mio addio questo si è verificato e ho visto che il Sorrento è arrivato a giocarsi una finale play-out senza difensori ed attaccanti, al di là del discorso Pignatta (indagato nello scandalo calcioscommesse, ndr). Una cosa assurda”.

Il futuro del club è adesso un punto interrogativo.
“A suo tempo abbiamo fatto tanto per portare il Sorrento nel calcio che conta ed ora fa malissimo vedere questa creatura ridotta in pochi anni in questo stato da condotte scellerate. Io faccio estrema fatica ad immaginare un Sorrento in Eccellenza. Personalmente non finirò mai di ringraziare i Presidenti Giglio e Castellano, due persone che avevano davvero a cuore le sorti dei rossoneri. Con loro mi sono sentito allenatore nel vero senso della parola. Non ci mancava mai nulla e, peraltro, collaboravo con un direttore sportivo come Roberto Amodio molto competente, di poche parole ma sempre giuste. E voglio salutare anche i sorrentini con un forte abbraccio, augurando loro di tornare a sorridere per le vittorie della loro squadra in un progetto davvero ambizioso”.

Il suo futuro?
“Dopo aver completato il Master sotto la guida di un maestro di calcio come Renzo Ulivieri, spero di poter lavorare un giorno con persone serie e trasparenti all’interno di un progetto vero, a prescindere dalla categoria. Nel frattempo ci tengo a fare i miei complimenti a Roberto Stellone, mio compagno al Corso così come Gennaro Gattuso al quale auguro tutte le fortune che merita innanzitutto dal punto di vista umano oltre che professionale. Mi dispiace solo per Lopez, avrebbe meritato miglior sorte a Bologna ed avrebbe potuto giocarsi in ogni caso le proprie chance di promozione in serie A”.

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