“Il Sorrento giocherà ad Aversa? Ho pochi dubbi per chi tifare: mi sento un vero sorrentino. Anzi, non nascondo che ogni anno, aspetto una chiamata dalla costiera, che purtroppo non arriva e un po’ me ne rammarico”. Mister Renato Cioffi, che guidò la squadra dei “miracoli” nel doppio salto dai dilettanti alla serie C1, si concede ai taccuini di TuttoSorrento.com, con la schiettezza e la positività di sempre: “Il Sorrento ha tutte le carte in regola per tornare lì dove l’avevo lasciato”.

Mister, domenica scorsa, primo successo in campionato ed entusiasmo che inizia finalmente a lievitare dopo la retrocessione in Seconda divisione.
“Sono felice della vittoria e della bella prestazione contro il Poggibonsi, ma non ho avuto ancora l’opportunità di vedere all’opera il Sorrento. Sulla carta, e da quello che ho avuto modo di vedere dai filmati e di leggere dai giornali e da internet, è un’ottima squadra. Bisogna avere pazienza, anche perché è sempre difficile ripartire dopo una retrocessione. In ogni caso, la rosa ha tanta qualità. Qualche nome? Catania e Maiorino su tutti, già abituati a confrontarsi su campi di categorie superiori. Ma anche lo stesso Musetti, che va recuperato, perché è un giocatore importante, con potenzialità ancora inespresse in costiera. E poi ci sono i vari Lettieri, Improta, Villagatti, Danucci”.

Possono fare la differenza, insomma.
“Assolutamente sì. Catania, ad esempio, se torna ai livelli di Nocera Inferiore, può diventare devastante. Ma spenderei qualche parola anche per Improta, che ho avuto modo di allenare: è un estemporaneo, non segna tantissimo, può divorare qualche gol, ma realizza anche reti impossibili. Se impara a non accontentarsi, può dare un contributo determinante”.

Mister, lei ha vinto tutto a Sorrento. Se dovesse dare un consiglio disinteressato, gratuito, amichevole e, soprattutto, non richiesto a mister Chiappino, cosa gli direbbe?
“Il mister sta facendo bene. Non lo conosco sotto un profilo tecnico, ma, seguendo il Sorrento da lontano, so che si è perfettamente integrato con l’ambiente. Ovviamente, siamo di fronte a due contesti che non possono essere messi a paragone: la mia squadra aveva alle spalle una società e una dirigenza diverse. Vincemmo due campionati, la Coppa Italia, la Supercoppa grazie alla solidità delle varie componenti e con un’impeccabile organizzazione: tutti sapevano quello che dovevano fare. Fu costruita una squadra che aveva fame, con innesti intelligenti di esperienza come Rastelli e Ruotolo. I calciatori mi seguivano e rispondevano sempre ‘presente’: io cambiavo ogni domenica la formazione. Non mi sembra, dunque, opportuno fare delle analogie. Direi piuttosto che quella di Sorrento è una piazza tranquilla, che ti lascia lavorare in pace: caratteristica positiva e che, personalmente, prediligo. Ma questo aspetto comporta per un allenatore l’obbligo di ricercare ‘all’interno dello spogliatoio’ gli stimoli necessari per affrontare il campionato con la giusta tensione, la grinta e l’adeguata cattiveria. Questo, forse, è l’unico suggerimento che può servire ad un allenatore di fresca nomina a Sorrento…”.

D’accordo, nessuna analogia, ma almeno un piccolo soffio di amarcord: come vennero gettate le basi di quel “Sorrento dei miracoli”?
“Quel modello venne progettato e condiviso con le varie componenti della società: dai presidenti alla squadra, dai dirigenti fino all’ultimo collaboratore del club. Per me era una sfida particolarmente delicata: dovevo migliorare il piazzamento dell’anno precedente. E il Sorrento, l’anno prima, arrivò secondo, vincendo i play off di serie D. Ci riuscimmo grazie allo spirito di abnegazione e di sacrificio di tutti. Grazie ai presidenti Giglio e Castellano, al segretario Francesco Imparato, ai dirigenti, ai collaboratori. Davvero, nessuno escluso: in una società, è fondamentale anche chi recupera i dischetti delle partite degli avversari. E in tal senso, l’amico Baldo Colamazza fu determinante… E la risposta di quell’impegno è sotto gli occhi di tutti: in due anni, ci siamo presi bellissime soddisfazioni”.

Ancora oggi, i tifosi rossoneri continuano ad amarla. Quale sensazione prova quando vede curva e tribuna Centrale del campo Italia con i soli fedelissimi di sempre?
“L’amore è assolutamente ricambiato, ma non posso nascondere che ci sto male quando vedo immagini con gli spalti che presentano tanti spazi vuoti. Il rammarico è doppio quando riapro l’album dei ricordi, e vedo il campo Italia strapieno per l’impegno con il Cervia o il muro umano della curva Sud nelle sfide che hanno decretato la promozione alle rispettive categorie superiori. Ma non solo: c’era tanta gente anche negli impegni della domenica: 1500-2000 persone. Eppure, al mio primo impegno ufficiale sulla panchina del Sorrento, in Coppa Italia proprio contro l’Aversa, ricordo le presenze sugli spalti: c’erano trenta persone. E mi rivolsi al mio secondo, mister Vincenzo Scafa, quasi inquieto: ma come facciamo – gli dissi – a vincere il campionato? Non solo vincemmo il campionato, ma vincemmo la sfida più bella: riportare la gente ad appassionarsi al Sorrento. Oggi rivedo quelle foto del campo strapieno e  sorrido con orgolgio. Ma sono anche un po’ triste quando, oggi, avverto la disaffezione verso questa squadra”.

Mister, forse sono ripetitivo: come descriverebbe il suo rapporto con Sorrento?
“Per me Sorrento resta la parte più bella della mia carriera. Quando vengo a Sorrento, mi sento a casa. Quando posso, vengo volentieri. Domenica prossima avrei voluto essere ad Aversa, ma sarò a Coverciano per il Master. In attesa di qualche chiamata dal mondo del calcio”.

In bocca al lupo, mister. Ma una curiosità è d’obbligo: a distanza di anni, quel divorzio consensuale col Sorrento, è una cosa che la rammarica o non ha alcun rimpianto?
“Ne ho già parlato con Giglio e Castellano, presidenti di quel Sorrento. Quello fu un errore. Un errore da ambedue le parti. Errore mio e errore della società. Un malinteso, insomma. Tutto si consumò molto in fretta. Non lo rifarei. E non lo rifarebbero nemmeno Giglio e Castellano”.

Mister, un giorno si rivedrebbe sulla panchina del Sorrento?
“Non nascondo che ogni estate aspetto una chiamata. Anche perché ho dalla mia parte, i numeri di aver fatto benissimo a Sorrento: 68 partite disputate, 61 concluse con un risultato utile. E poi conosco tutti i granellini di caucciù dell’erbetta artificiale del campo Italia…”.

Domenica il Sorrento, gioca ad Aversa altra sua ex squadra. Inutile chiederle per chi tiferà…
“Sì, inutile. Anche perché ad Aversa sono rimasto solo due mesi e non ho un ottimo ricordo. Invece Sorrento mi è rimasta nel cuore. E sono sicuro di essere rimasto anche io nel cuore di questi tifosi e nella storia di questa società…”.

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