SERVIZIO A CURA DI MAURIZIO LONGHI. Non si può dire che sia stato un anno esaltante per il Sorrento, anzi, anche il 2014 è stato disastroso. Lo scorso mese di maggio ha sancito la retrocessione dei rossoneri in serie D, la seconda in due anni che ha comportato il naufragio tra i dilettanti.
Dagli anni di favola in cui ci si contendeva la serie B, all’incubo di ritrovarsi da dove si era partiti. Quante sfide giocate in stadi che hanno conosciuto la massima serie, in cattedrali del calcio italiano, dal Bentegodi di Verona allo Zaccheria di Foggia, mentre ora ci si deve accontentare della suggestione di andare in paesi di montagna dove, di solito, gli spettatori sono i parenti dei tesserati.
Eppure ad inizio 2014, quando c’erano ancora diversi mesi a disposizione per salvare il professionismo, l’inizio non fu negativo: dopo il pari a Lamezia, arrivarono due importanti affermazioni in casa contro Aprilia e Cosenza. Si pensava che mister Simonelli avesse finalmente trovato la quadratura del cerchio anche grazie agli innesti di gente esperta come D’Anna e Innocenti, invece, continuarono gli alti e i bassi, con quest’ultimi che presero il sopravvento spingendo i tifosi a disertare lo stadio.
Successe dopo il ko interno contro l’Ischia, si era già reduci da tre sconfitte consecutive contro Poggibonsi, Aversa e Casertana, in occasione della delicata sfida contro gli isolani, lo zoccolo duro della tifoseria decise di stare più vicino alla squadra e di seguirla dalla Tribuna Centrale. La prestazione fu indecorosa e i gialloblu violarono Via Califano.
Fu una settimana di tensione, ormai lo spettro del dilettantismo incombeva più che mai alla stregua di una spada di Damocle. Il blitz in casa di un’Arzanese in ripresa poteva suonare la riscossa, invece, il pari interno contro il fanalino di coda Gavorrano, fu interpretato come l’ennesimo de profundis. Non bisognava fallire più per sperare ancora in un miracolo sportivo ed evitare il tonfo, acciuffare gli spareggi sembrava difficile, per l’ottavo posto impossibile.
Però, il tris di vittorie contro Chieti, Teramo e Foggia (la prima in caduta libera, le ultime due già sicure di mantenere la categoria), ribaltarono le cose e il calendario presentava due scontri diretti: il primo a Martina Franca, il secondo in casa contro il Tuttocuoio. Andò male in trasferta e bene in casa, ma la sconfitta al “Tursi” fu determinante.
La vittoria contro i conciari in casa mantenne accesa l’ultima speranza ma bisognava conquistare almeno sette punti nelle ultime tre partite. Le ultime due non destavano molte preoccupazioni, perché si doveva affrontare un Melfi già salvo e un Castel Rigone già retrocesso, si temeva solo la trasferta di Messina sperando nella generosità dei peloritani a cui bastava un pari per brindare alla permanenza in categoria.
Ma al “San Filippo” fu un dominio degli uomini di Grassadonia che non ebbero pietà dei costieri a cui non bastarono più i sei punti nelle ultime due giornate. Per sperare ancora di salvare la categoria, c’erano gli spareggi che, ad un certo punto, sembravano un miraggio. L’avversaria era un’Arzanese che, dopo il girone di andata, era considerata la prima squadra retrocessa ma che, con un ruolino di marcia impressionante al ritorno, compì un mezzo miracolo. Si respirava grande entusiasmo in casa biancoazzurra e, nella doppia sfida che ha sancito la retrocessione del Sorrento, successe di tutto.
Allo “Ianniello” di Frattamaggiore fu una disfatta clamorosa: 4-0 già dopo i primi 45′ e rossoneri ridotti in otto uomini. Una gara sanguinosa, umiliante, un punto bassissimo. Il ritorno pareva una formalità, anzi, era ancora più doloroso offrire la propria dimora come passerella ai cugini. Invece, successe qualcosa di inspiegabile. Una manciata di secondi e fu già vantaggio per il Sorrento. In pochi minuti furono colpiti diversi legni, l’Arzanese era in bambola. Dopo venti minuti, il vantaggio fu arrotondato, al 41′ il tris, mancava solo l’apoteosi del gol qualificazione. C’era ancora un tempo intero da giocare, dinanzi al proprio pubblico e la speranza fu alimentata dalla superiorità numerica maturata ad inizio ripresa. Inspiegabilmente, non ci fu più un’azione impostata con criterio da parte del Sorrento, anche se ci si mangia ancora le mani ripensando all’occasione di Innocenti a tu per tu con Fiory.
La dignità era stata salvata ma non la categoria, quella che, con solo un punto in più, poteva essere blindata senza passare per gli spareggi. Era il triste epilogo di una doppia annata da horror. Dopo aver temuto il fallimento, nel mese di luglio è successo di tutto. C’era Giglio interessato a rilevare il titolo di una società dilettantistica e portarlo a Sorrento ma l’irruzione della cordata irpina rappresentata da Turco e Dionisio con il milionario Chiappini a fare da regista all”operazione, faceva presagire una nuova primavera per il calcio in costiera. Il 4 agosto c’è stata anche la presentazione in pompa magna all’Hotel Contintental, l’ingaggio come allenatore di un nome pesante quale il Pampa Sosa, faceva pensare che stesse nascendo qualcosa di importante.
Invece, di lì a poco sarebbe iniziato un fuggi fuggi, il milionario s’è dissolto nell’aria come per magia, ci si è alternati alla presidenza del Sorrento manco fosse un porto di mare. E sul campo? Ah sì, perché in tutto questo il campionato è iniziato, anche per un Sorrento senza certezze. L’organico non era male ma peccava di personalità, specialmente in trasferta, così si è deciso di puntellarlo con pedine di riconosciuta esperienza per la categoria.
Ai vari Garbini, Visciano, Visone, Iuliano, Caraccio, Vitale, si sono aggiunti La Rosa, Pignatta, Polichetti. C’erano tutte le condizioni per risalire la china e abbandonare i bassifondi ma, a belle prestazioni in casa, ne seguivano di scialbe in trasferta. Tra questa alternanza siamo arrivati a dicembre, alla famosa partita contro la Frattese, vinta con grande autorevolezza, ma che ha segnato il commiato di tanti giocatori, i quali sarebbero stati seguiti da altri dopo alcuni giorni.
Nicola Dionisio, uno dei pochi superstiti di agosto, forse l’unico che veramente avrebbe voluto un esito diverso della situazione, è stato attivissimo sul mercato per dotare la squadra dei rinforzi giusti. È stato fatto il possibile ma ci si ritrova visibilmente indeboliti, con un attacco spuntato, con due sconfitte consecutive prima della sosta natalizia e in piena zona retrocessione. Non basta pensare che tre anni fa si lottava per la serie B e ora ci si ritrova in D per deprimersi perché, addirittura, c’è il rischio di sprofondare ancora più giù.
Che triste scenario per un club glorioso, chi sente di avere responsabilità in tutto questo, si fermasse un attimo e si passasse la mano sulla coscienza, se non può rimediare chiedesse almeno scusa e se ne uscisse da uomo. Non ci resta che sperare in un 2015 migliore, non si sa su quali basi, ma sperare, un po’ come sognare, non costa nulla. Si spera in un inizio 2015 di resistenza per preparare anni di assalto. Del resto, quando il quadro è nero, meglio colorarlo con un po’ di sogni…