SERVIZIO A CURA DI MAURIZIO LONGHI.  Come tutti sanno, prima che diventasse l’allenatore del Sorrento, c’era un Pampa Sosa che era l’incubo di molte difese. Si metteva al centro dell’attacco e giustiziava molti portieri, le sue prodezze fecero le fortune del Napoli nell’ascesa dalla C alla A. Ma se c’era chi segnava, doveva esserci chi sventava i gol degli avversari. Questo ruolo venne affidato ad un portiere di grande esperienza e affidabilità come Gennaro Iezzo. Se, quindi, Sosa segnava, c’era lo stabiese che parava. Entrambi hanno condiviso insieme una cavalcata trionfale che ha fatto sognare i tifosi partenopei. Più passano i giorni e più Sorrento conosce chi è il Pampa Sosa, il cui arrivo è stato accolto con un certo entusiasmo che, però, è durato il tempo di un flash per le solite problematiche legate alla società. Ci piace immaginare chi fosse Sosa da calciatore, conoscerlo meglio tramite i racconti di chi ci ha giocato insieme. Del resto, stiamo parlando di uno che è mitizzato da una tifoseria come quella napoletana.

Stavolta abbiamo contattato proprio il guardiano dei pali di quel Napoli e, a Gennaro Iezzo, abbiamo chiesto semplicemente di raccontarci come ricorda Sosa durante l’esperienza in azzurro: “Era un leader nello spogliatoio, non solo per un fatto di personalità ma anche di anagrafe. Noi più grandi di età ci sentivamo più responsabilizzati e tenevamo unito il gruppo. Del Pampa emergeva soprattutto il grande carisma e poi aveva grandi doti come calciatore. Era un attaccante fenomenale, spesso, quando mi ritrovo a parlare anche con gli amici, ricordo come Sosa incarnasse le caratteristiche del vero attaccante, sul gioco aereo era praticamente infallibile, per me uno dei più forti in Italia e non solo”. Oltre ad un indiscusso carisma e alle doti tecniche, cosa emergeva di lui che poteva far pensare ad una carriera da allenatore? E cosa potrebbe trasmettere ai suoi ragazzi in base al suo carattere? “Era un grande esempio di impegno, dedizione e professionalità perché in campo non si risparmiava mai, ci metteva sempre il cuore, l’anima, tutto ciò che aveva al servizio della causa. E poi lo ricorderò sempre come una persona regolare, nel senso che non aveva mai sbalzi d’umore, sempre tranquillo ed equilibrato. Ecco magari se plasmerà il Sorrento a sua immagine e somiglianza ne verrà fuori una squadra equilibrata e non è un aspetto di poco conto”.

Anche Iezzo ha avuto una esperienza, effimera, come allenatore di una squadra di serie D: il Sant’Antonio Abate. Ma anche da parentesi poco esaltanti si può imparare qualcosa di positivo, proprio per questo, gli chiediamo cosa si sente di dire al suo ex compagno di squadra per il quale si tratta di un inizio, in un ambiente tranquillo ma disilluso: “Nel corso della sua brillante carriera ha avuto modo di essere allenato da grandi tecnici da cui avrà imparato molte sfaccettature. È vero che è alla sua prima esperienza da allenatore ma, alle spalle, ha un importante bagaglio costruito negli anni in cui calcava il rettangolo di gioco. Premettendo che il Pampa non ha bisogno di alcun consiglio ma, in base a quella che è stata la mia parentesi alla guida di un club di serie D, posso affermare che si fa molta fatica a giocare a calcio. Queste categorie sono diametralmente opposte a quelle professionistiche, in campi di periferia occorre dotarsi della giusta concretezza per imporsi su squadre che non lesinano mezzi ruvidi pur di non capitolare”. Si accennava all’ambiente disilluso, non può essere altrimenti visto il declino di una squadra che, dopo aver sognato la cadetteria, è precipitata nel baratro dei dilettanti. Attualmente, il Sorrento, è un barca che naviga in acque perigliose, chi è al timone, come Sosa, cosa deve fare perché la bufera cessi il prima possibile? “Nel calcio c’è un’unica medicina che ammorbidisce una tifoseria insoddisfatta: la vittoria. Sono i risultati a far cambiare l’umore della gente, qualora la squadra dovesse ingranare è facile che ci si ritroverà una piazza meno intransigente e pronta a sostenere i colori rossoneri. Il Pampa deve lavorare soprattutto perché la squadra si doti delle prerogative giuste per ottenere i risultati che vuole la gente, le dichiarazioni lasciano il tempo che trovano, la concretezza è l’arma per arrivare a raggiungere i successi”.

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