(SERVIZIO DI MAURIZIO LONGHI). E’ stato il presidente del Sorrento. E potremmo anche fermarci qui, senza aggiungere altro. Colui che ha partorito una creatura (come ama definirla), l’ha allevata mentre vagiva, l’ha vista crescere e l’ha portata lì dove qualsiasi genitore sogna di vedere i propri figli. In alto. Realizzati e felici. Antonino Castellano è stato il presidente dell’epopea rossonera, lo dice la storia, e ci asteniamo dai panegirici. Non rientra tra i nostri fini, avremmo preferito narrare un Sorrento ancora bello in salute, dall’avvenire luminoso indipendentemente da chi ricoprisse la carica più prestigiosa ma, attualmente, la situazione non induce a sorridere. E’ un fatto risaputo ormai, rincarare la dose può sembrare accanimento, minimizzare può essere da superficiali. Ma non si sbaglia mai facendo informazione e dando a tutti la possibilità di esprimere il proprio pensiero. Ciò che ci interessa è vedere il Sorrento risorgere dalle proprie ceneri alla stregua di un’Araba Fenice così, preda dei morsi della nostalgia, apriamo il nostro portale proprio a Castellano le cui, parole, però, trasudano amarezza: “E’ stata distrutta la mia creatura, che in 20 anni mi aveva dato grandissime soddisfazioni, mi sento come un padre che vede la propria figlia agonizzare. Lascio a voi immaginare la ferita che si apre dentro di me ogni volta che si tocca questo argomento. Il Sorrento calcio lo chiamo ancora la mia creatura, che dolore vederla ridotta in fin di vita. Preferisco non dire tutto quello che ho dentro, lo faccio per il bene del Sorrento, che tristezza stare al capezzale di chi hai tanto amato. Ho lasciato una società che era rispettata in tutta Italia, che aveva il settore giovanile come fiore all’occhiello. Hanno distrutto pure quello, ci avevo creduto tanto e i risultati erano stati lusinghieri, ci avevo creduto perché l’amavo, be’ quando qualcosa di tuo poi va a finire nelle mani di chi non ci mette un briciolo d’amore, allora tutto è destinato a fare una brutta fine. Come purtroppo il calcio a Sorrento…”. È proprio da escludere un clamoroso ritorno di fiamma? “Ma non ci sono più le condizioni, come si può ripartire da una situazione sfuggita di mano a chi doveva prendersene cura? Chi è disposto ad accollarsi un onere simile? Con le strutture fatiscenti che ci ritroviamo?”. Ecco. Un altro tasto dolente. Che scotta parecchio e che è perennemente oggetto di dispute, anche strumentali: “Anche questo incide parecchio, ma qualcuno deve anche curarsi di tenere in uno stato decente gli impianti, neanche questo. Addirittura si creano disagi per i bambini che si trovano a dover fare sport in pessime condizioni dal punto di vista igienico, alcuni aspetti mi lasciano senza parole”. L’ex patron del Sorrento, setacciando le attuali cariche dirigenziali, trae una considerazione personale: “Ogni società che si rispetti deve avere una figura di riferimento, non un caravanserraglio senza guida, mi spiace per due persone perbene come Ronzi e Durante, ecco loro sono davvero due persone degne di stima”. In tutta questa situazione poco confortante per i tifosi, chiediamo ad Antonino Castellano che dovrebbero pensare i tifosi: “Sono le vere vittime di questa situazione. Ci credo che ci sia un disamore generale, ormai la squadra viene seguita da quel gruppo di fedelissimi e nessuno più. La domenica al “Campo Italia” se ne presentano cento? Nessuno dice niente, io mi facevo sentire quando venivano meno di mille, volevo creare la giusta simbiosi, il coinvolgimento da parte di tutti per vivere anni di successi. Ormai sembrano tempi lontani”. Questo è quanto. Di fronte a queste cose, dove c’è in gioco una maglia, una tifoseria (senza bisogno di quantificarla) e anche l’immagine di uno dei posti più affascinanti del mondo, non ci può essere reticenza. Ora se c’è orgoglio dalle parti di Via Califano, non c’è altro da fare che dare una virata a questa situazione, raddrizzare questa barca e salvarla dalle minacce di naufragio. Si è ancora in tempo. Se si vuole…
Maurizio Longhi

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