SERVIZIO A CURA DI MAURIZIO LONGHI
FOTO DI CARMINE GALANO

Ha esordito nell’undici iniziale già contro il Montalto Uffugo, mentre domenica è ritornato dal primo minuto. Volete mettere la differenza tra le due partite? Meglio rimuovere quello scialbo pareggio ad occhiali che fu accolto sicuramente con più soddisfazione dai calabresi rispetto ai rossoneri, mentre domenica è stata una gara epica. Emanuele D’Ambrosio è un giovin signore, classe ’97, ha giocato con grinta e personalità, le doti su cui fa leva per emergere e farsi valere sul rettangolo verde. Contro il Roccella ha giocato per tutta la partita perché, soprattutto nell’assalto finale, con una squadra tutta sbilanciata in avanti, c’era bisogno di qualcuno bravo nella fase di copertura e il giovanissimo mediano partenopeo è stato tenuto in campo fino alla fine.

Facile prevedere il momento di grande fiducia e autostima per uno della sua età, la ribalta può fuorviare ma la maturità deve indurre a tenere i piedi ben saldi per terra. Perché ci sono situazioni in cui i sinceri complimenti si tramutano in pomposi osanna, con il rischio di foraggiare le forme di vanità. Intanto, ci facciamo dire proprio da lui l’emozione di una vittoria piena di pathos: “Di partite così ce ne sono pochissime, non è da tutti ribaltare uno svantaggio di due gol in soli venti minuti. Abbiamo davvero dato tutto in campo, c’è stato grande spirito di sacrificio e, soprattutto, la voglia di non perdere. Quella è emersa maggiormente, perché non potevamo accettare di uscire sconfitti senza aver fatto alcunché per ribaltare quella situazione e ci siamo riusciti. Ciò che mi porterò dietro è la gioia dopo il gol del 3-2, sembrava che avessimo vinto il campionato. Si vedeva che c’era tanta voglia di esultare, come se avessimo dentro qualcosa di cui liberarci. Poi, è vero che ribadisco la nostra ferrea volontà di non voler soccombere, ma c’è stato dell’altro senza il quale la rimonta non poteva compiersi...”. Ad un certo punto, era troppo tardi per rimettere le cose a posto. Non bastava solo la voglia di non perdere, D’Ambrosio ci dice cosa realmente ha fatto la differenza: “Lo spirito di gruppo! Ma non solo tra chi è sceso in campo dal primo minuto, anche in chi è subentrato a gara in corso. Nel momento più difficile ci siamo sentiti un solo gruppo ed è stato più facile arrivare al 3-2. Probabilmente, senza quell’unione non ci sarebbe stata la reazione di tutti, magari, sarebbe emersa la voglia di qualcuno di salvare la propria dignità personale, invece, nel nostro caso è partito da tutti e penso si sia notato. L’abbiamo fatto per il mister che ci ha sempre aiutati in qualsiasi momento, la riconoscenza per lui è doverosa. E poi l’abbiamo fatto anche per la società che sta facendo di tutto per non farci mancare niente”. Eppure, dopo il primo tempo, davvero c’era il rischio che potesse essere la riproduzione della gara contro il Montalto. Poi è successo di tutto nella ripresa, il doppio schiaffo che pareva esiziale e il rigurgito d’orgoglio fino al ruggito. Ma perché tanta differenza tra il Sorrento del primo e del secondo tempo? “Ci è mancata la carica che ci ha pervasi dopo essere passati in svantaggio, quando la situazione sembrava compromessa, la nostra marcia in più è stata quella carica unanime. Tutti insieme eravamo convinti di potercela fare e il risultato ci ha dato ragione. Ecco perché, per una serie di fattori, a fine gara abbiamo festeggiato come se avessimo conquistato qualcosa di grande. Perché, oltre all’aspetto personale, bisogna badare alla squadra”.

D’Ambrosio è stato incoronato da molti tra i migliori in campo, è piaciuto davvero tanto lo spirito combattivo con cui ha affrontato l’impegno. È uno dei giovani che si vuole mettere in mostra e che, quando è chiamato in causa, non vuole perdere l’occasione di meritare sempre più considerazione. “Sicuramente sono soddisfatto per la mia prestazione – ammette il giocatore – ma lo sono di più perché la squadra ha fatto capire di essere viva lanciando un chiaro messaggio sulla solidità del proprio carattere. Prima di se stessi viene il gruppo, giocare bene e perdere non è una gioia piena, invece, unire le due cose crea un binomio perfetto”.

Il Sorrento ha dimostrato di essere un po’ dr Jekyll e mr Hyde, a volte amorfo e timoroso, altre tonico e impetuoso. Per il momento, ci sono state luci ed ombre, con quest’ultime che, aiutate anche da un po’ di malasorte che ha perseguitato i rossoneri, si sono fatti preferire. Ma c’è il tempo di rimediare e ormai abbiamo visto che, quando vuole, il Sorrento è capace di tutto. Chiediamo ad uno dei giovani quale sia stata, secondo lui, la partita più e meno convincente: “Facile prendere come esempio proprio le ultime due. Contro il Roccella è stata positiva non solo per il risultato ma per la voglia di vincere manifestatasi nella ripresa. L’importante è capire sempre dove stia il l’aspetto cardine, del resto i punti sono frutto dell’atteggiamento. Domenica se non l’avessimo cambiato sotto di due gol, non avremmo commentato una grande rimonta. Questo ragionamento mi porta a dire che la partita peggiore è stata quella contro il Noto, non tanto perché abbiamo perso contro l’ultima in classifica, ma per la scarsa concentrazione con cui siamo scesi in campo e, di conseguenza, non poteva che arrivare un ko”.

È ancora presto per conoscere chi sia veramente Emanuele D’Ambrosio se non un giovane valido, affidabile e degno di grande considerazione. Proviamo almeno ad inquadrarlo dal punto di vista tecnico-tattico chiedendogli dove gli piacerebbe giocare: “Sarebbe l’ideale giocare da mezz’ala in un centrocampo a tre, ma ho giocato in mediana sia con il 4-2-3-1 che con il 4-4-2. Quindi, non ho molto problemi di collocazione tattica, sono a completa disposizione del mister, le mie caratteristiche mi rendono un mediano più di rottura che di costruzione. Ma posso ricoprire varie mansioni fino ad arretrare il mio raggio d’azione e disimpegnarmi in difesa, per il Sorrento sarei disposto a difendere anche i pali”. Idee chiare e desiderio di mettersi al servizio della causa. Lo spogliatoio è compatto, sono nate vere amicizie, ci si stima e ci si vuole bene. Poi in campo, c’è chi può impressionare di più rispetto agli altri per gli aspetti più disparati, che non sempre attengono alle qualità tecniche, D’Ambrosio ci svela chi l’ha folgorato e perché: “Mi ha colpito molto Vitale, il nostro capitano, che ha tantissima voglia di vincere, lo si percepisce negli spogliatoi prima di entrare in campo. Non vorrebbe mai perdere, ci trasmette proprio questa voglia di voler sempre battere il proprio avversario. E poi è animato anche dall’intenzione di dimostrare a chi lo contesta tacciandolo di cose che non gli riguardano, che lui, in ogni partita, dà l’anima per il Sorrento e per vincere sempre”.

 

 

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