SERVIZIO A CURA DI MAURIZIO LONGHI

Aveva conquistato la promozione in A con il Napoli dopo essere sceso in serie C, nella più assoluta commozione, ebbe a dire: “Chi non si emoziona non ha sangue nelle vene”. Dentro il Pampa Sosa abbondano fiumi di sangue che ribollono di emozione. E ci si emoziona sempre, sia da calciatore che da allenatore. Ha detto di essersi emozionato due volte in tanti anni di calcio: la prima quando ha indossato la maglia numero 10 del Napoli, quella appartenuta a Maradona, e sappiamo cosa significhi per un argentino. La seconda nel fine gara di una partita di fine novembre del campionato di serie D. Stavolta lui si trova nella veste di tecnico di un Sorrento reduce da una settimana turbolenta e con un’altra che apre alla finestra di mercato temendo una transumanza di giocatori verso altri lidi. Ma c’era una partita da onorare, contro la Frattese. In campo non si è mai visto un Sorrento così agguerrito che, a sei minuti dalla fine, quasi agli ultimi sforzi, è riuscito a siglare il gol della vittoria. La vittoria dell’orgoglio, la vittoria della rabbia, la vittoria del riscatto, probabilmente, la vittoria dell’addio per molti. Negli spogliatoi, Sosa ha guardato i suoi giocatori negli occhi, avrà ricordato il ritiro di Massa Lubrense, i suoi primi allenamenti da tecnico, le giornate passate a studiare la formazione migliore da mandare in campo la domenica e, passando in rassegna tutti questi fotogrammi, è scoppiato in lacrime.

Lacrime e abbracci con i suoi giocatori, momenti di silenzio ed emozione. La voce del silenzio, dove s’ode l’eco dei pensieri più reconditi. E l’emozione che cos’è se non una sensazione di cui fa esperienza il cuore? Il Pampa si è presentato in sala stampa visibilmente commosso, ha confessato di aver pianto e ha elogiato i suoi uomini dopo averli bacchettati a Mugnano: “Sono uomini veri e me l’hanno dimostrato, tant’è che ad un certo punto non mi interessava più il risultato. Contro la Frattese mi sono reso conto che il lavoro paga. Il primo tempo poteva chiudersi già con un largo vantaggio a nostro favore, nella ripresa è subentrata la paura di perdere ma la vittoria è meritatissima. Sono affezionato a questi ragazzi”. Era quello che si aspettava. La prestazione contro la Neapolis non gli era andata giù, più che minimizzare ha preferito tuonare, perché sapeva di suscitare una reazione nei giocatori. Infatti, ha avuto ragione perché sembravano tarantolati contro i nerostellati: “Abbiamo disputato un partitone contro una squadra super-offensiva. Prima di scendere in campo, ho fatto riferimento alle partite di Noto e Mugnano, evidentemente i giocatori hanno percepito che bisognava cambiare totalmente atteggiamento. Voglio trasmettere alla squadra la necessità di giocare con gli attributi più che parlare troppo di schemi e moduli”. Il tecnico argentino rivendica anche la bontà delle sue scelte: “Ora non si parlerà di giocatori fuori ruolo perché quando si vince va tutto bene. Contro la Frattese ho schierato quattro attaccanti e tutti hanno dato il massimo anche nei ripiegamenti difensivi. Non si può parlare di scelte sbagliate quando si perde, mentre di grande prestazione dei giocatori dopo le vittorie”. Mentre Sosa rispondeva alle domande dei cronisti, c’è stata l’interruzione di Nicola Dionisio che ha celebrato il tecnico del Sorrento attribuendogli i meriti della vittoria.

L’argomento mercato è stato solo sfiorato, si avrà modo di parlarne, a rubare la scena è stata la commozione. Quella che ti ghermisce quando vedi raccogliere i frutti seminati proprio in un momento di aridità. Anche Sosa non sa cosa succederà nei prossimi giorni, i giocatori hanno dimostrato di essere dalla sua parte perché è riuscito a stringere con loro un rapporto speciale, non solo professionale. È una persona che antepone i rapporti umani a quelli lavorativi, quell’abbraccio nello spogliatoio sarà stato fraterno, tra gente che si vuole bene, che aveva appena lottato per vincere insieme riuscendoci con merito. Non si poteva fare finta di niente, sono state versate lacrime di sofferenza e amore.

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