SERVIZIO DI STEFANO SICA. Era partita con grandi ambizioni l’Akragas dopo aver accarezzato invano il sogno del ripescaggio in Lega Pro. Vent’anni successivi all’ultima apparizione in C2 e ben 29 da quella in C1. In questo senso, il club biancazzurro non si è fatto mancare nulla nel corso di un’estate rovente. Dalla delusione per il mancato salvacondotto alla costruzione di un organico in grado ancora una volta di primeggiare, il passo è stato breve. Insomma, recriminazioni e carte bollate non hanno lasciato grosse scorie nell’ambiente. Finito nel vuoto anche l’ultimo reclamo avanzato al Collegio di garanzia del Coni contro Figc, Lega Pro e LND, nel quale si chiedeva un risarcimento di un milione e mezzo di euro per il non avvenuto ripescaggio, al club agrigentino non è restato che guardare avanti riprendendo la corsa da dove era stata interrotta, pur denunciando a caldo di essere stato vittima di una “farsa estiva” e di un “mondo del calcio profondamente malato”. Una battaglia intrapresa persino in buona compagnia considerato l’alveare di società che, sotto quest’aspetto, hanno lamentato a vario titolo la lesione di un diritto. L’Akragas ha condotto, quindi, una campagna acquisti imponente risultando, paradossalmente insieme all’Agropoli (altra squadra che ha appena avvicendato il proprio allenatore ingaggiando, ironia della sorte, l’ex Pino Rigoli), la realtà più attrezzata ai nastri di partenza del girone I. Confermati alcuni punti saldi come i difensori Salvatore Astarita, Andrea De Rossi, Agatino Chiavaro e Ciccio Vindigni, i centrocampisti Gabriele Aprile, Alessandro Bonaffini, Roberto Assenzio e Daniele Arena e gli attaccanti Nicola Arena, Francesco Lauria e Giuseppe Savanarola, sono arrivati altri elementi di assoluto blasone per la categoria come Davide Baiocco, l’ex rossonero Emanuele Catania, Roberto Chiaria e Giuseppe Meloni, fresco vincitore dell’ultimo torneo di D col Savoia e di recente gratificato da un ristorante agrigentino con la creazione di una pizza recante il suo nome. Ingaggi mirati e fragorosi, annaffiati peraltro dal talento di alcuni under provenienti da club professionistici come i numeri uno Alessandro Evola (classe ’97, ex Palermo) e Umberto Scalese (classe ’95, ex Napoli), il difensore Simone Napoli (classe ’97, ex Catania), la punta ivoriana Tresor (classe ’95, ex Modena) e il centrocampista Andrea Risolo (classe ’96, ex Lecce). A questi vanno aggiunti altri giovanissimi sbarcati in estate nella città dei Templi che stanno trovando anche molto spazio come l’estremo difensore classe ’96 Antonio Lo Monaco, il difensore classe ’95, ex Aurora Seriara, Pietro Dentice, e il centrocampista classe ’95 Emanuele Trofo, che si è messo in luce lo scorso anno col Licata. Menzione a parte per Massimiliano De Angelis e Vittorio Terminiello, storici prodotti del settore giovanile rossonero. Il primo in orbita Agropoli, con cui si è allenato per diverse settimane prima di disputare una parte del ritiro nuovamente col Sorrento, il secondo ad un passo dall’Aquila. Insomma, un sano mix di esperienza ed esuberante gioventù per ritentare la scalata. Un obiettivo che l’accordo con Andrea Sottil aveva smascherato, prima che l’attuale tecnico della Paganese gettasse la spugna ad inizio agosto a causa del ripescaggio sfumato. Ci ha pensato quindi Giancarlo Betta ad assumersi la responsabilità della guida tecnica biancazzurra, forte di un curriculum nel quale figura il doppio salto col Noto dalla Promozione regionale alla D. Nonostante la difesa meno perforata del girone, con tre reti incassate, e una striscia di risultati apprezzabile ma evidentemente non in linea con le aspettative societarie (quattro vittorie, due pareggi ed una sola sconfitta), Betta non è riuscito a conservare la panchina. Eppure l’Akragas non era dispiaciuta neanche domenica, quando solo un penalty fallito da Chiaria, e l’atteggiamento barricadiero della Battipagliese, l’avevano privata di una meritata vittoria. Troppo veloce, forse, il Torrecuso, stabilmente in vetta con cinque punti di vantaggio sui siciliani. Un’ansia che deve aver indotto il presidente Silvio Alessi a voltare pagina costi quel che costi e ad affidare la sua creatura al condottiero dell’ultimo Savoia vincente, Enzo Feola, fautore del 4-4-2. E l’ex tecnico dei bianchi non ci ha girato tanto intorno nel giorno della sua presentazione: “Noi lotteremo per vincere il campionato, non per stare al vertice. Dobbiamo arrivare primi, punto. L’Akragas è la squadra più forte, tutti ci aspetteranno al varco e sarà sempre una finale. Ma meglio una piazza come Agrigento in D, con questa passione, che una poco calda in Lega Pro”. Parole di battaglia, da leader. Proprio Feola, al pari di Catania, De Angelis e Terminiello, sarà un altro ex di giornata, avendo vestito in 25 occasioni la maglia rossonera. Nel Sorrento, invece, l’ex di turno sarà capitan Vitale, approdato ad Agrigento dopo una prima parte di stagione vissuta ad Agropoli. L’ultimo precedente tra siciliani e costieri risale addirittura al campionato di serie C2 edizione 1982/83. Nella gara di andata, fu l’Akragas a spuntarla tra le mura amiche con un rotondo 3-0. Al ritorno prevalse il Sorrento con un risultato di misura griffato Contino. Tuttavia i rossoneri affrontarono nella stagione 1998/99, in D, l’AC Agrigento, che a fine torneo si sarebbe fuso con l’Akragas (all’epoca in Promozione) ripartendo dall’Eccellenza, categoria nella quale era retrocesso. Al campo Italia, ad ottobre, i rossoneri fecero la voce grossa con un rotondo 3-0. Al ritorno in Sicilia, l’Agrigento, con un perentorio 3-1, inaugurò la crisi del Sorrento che da allora iniziò a collassare non riuscendo più a riprendersi la vetta e dando campo libero al Sant’Anastasia. Anche la storia recente del club di Via Petrarca è fatta di fusioni e tentativi di stabilizzazione. Tanto che lo stesso Alessi ha rilevato lo scorso anno il timone da Giovanni Castronovo, l’artefice dell’unione nell’estate del 2011 tra la vecchia Akragas e la seconda squadra cittadina, l’Agrigentina Calcio. Nel 2013, al secondo tentativo, i biancazzurri riuscirono ad approdare in D. Il resto è storia d’oggi. Anche se forse le pagine più belle devono essere ancora scritte.

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