SERVIZIO A CURA DI MAURIZIO LONGHI. È il decano della stampa costiera. Antonino Siniscalchi è cresciuto a pane e pallone, con la passione per il giornalismo che gli bruciava dentro sin dalla tenera età. In alcuni giorni marinava la scuola per varcare l’uscio delle redazioni, i banchi e le lavagne gli stavano stretti, preferiva le sudate carte e le macchine per scrivere. Affiora presto l’istinto del cronista, bisogna averlo nella propria indole, non si sviluppa e non si sradica: è innato. La sua è la firma dei pezzi sul Sorrento che si leggono sfogliando le pagine rosa della “Gazzetta dello Sport”. Una penna che pesa. Anche con lui abbiamo analizzato il campionato dei rossoneri, mentre ci avviciniamo sempre di più all’inizio degli spareggi, con gli uomini di Simonelli che andranno a far visita all’Arzanese. Sale la febbre, ma noi intendiamo calmierarla ripercorrendo i mesi di delusioni e speranze che ci stiamo mettendo alle spalle. Partiamo con un sunto di ciò che abbiamo visto nell’arco di questo campionato che ha visto il Sorrento collocarsi al nono posto, con la salvezza diretta sfumata per due punti, considerando gli scontri diretti a favore della Vigor Lamezia, e con gli spareggi alle porte.

Paolo Durante e Antonino Siniscalchi

Paolo Durante e Antonino Siniscalchi

ERRORI STRUTTURALI – Chiediamo il parere proprio all’esperto collega: “Nel calcio più che analizzare le cose da due angolazioni ce ne sono almeno quattro, sono dell’opinione che è inutile ancorarsi al passato, conta il presente ma dipende dalle prospettive future. Relativamente al Sorrento, più che guardare a ciò che è stato, bisogna coltivare la consapevolezza di poter mantenere la categoria in questi spareggi. La certezza è questa possibilità, e bisogna fare di tutto per concretizzarla non abbiamo, invece, la certezza di quello che sarebbe potuto succedere se si fossero verificati determinati episodi. Si può dire però, con il senno di poi, che la salvezza diretta è sfumata per i nove scivoloni casalinghi ma, ripeto, questo è un discorso retroattivo su cui preferisco non fossilizzarmi. Mi interessa che il Sorrento affronti queste partite con la necessaria fiducia e la consapevolezza che siano delle battaglie. Le definisco così perché non hanno nulla a che fare con il campionato, adesso non si possono fare calcoli, quindi, metto in guardia il Sorrento sul pensiero di giocare per i pareggi, in una finale si gioca per vincere e bisogna farlo già dalla prossima partita di Frattamaggiore”. Una squadra che quasi mai è stata nel novero delle prime otto è sicuramente a causa di alcuni errori. I processi sono fuori luogo e non è la sede per alimentarli, ma con la logica della dissimulazione non si crescerà mai. La firma della “Rosea” non si tira indietro sull’argomento: “Nel calcio quando si commettono determinati errori diventa difficile ripararli, alcuni stanno proprio alla base. Chissà cosa ci si aspettava dalla partnership con il Genoa affidando la squadra ad un allenatore come Chiappino che aveva sempre lavorato con i giovani. Personalmente, considerando che si era reduci da una retrocessione, serviva impostare l’organico su giocatori di esperienza e provata affidabilità in modo tale che si scendesse in campo con la convinzione di essere all’altezza. Mentre si è partiti con troppi giovani allo sbaraglio, senza un portiere e un difensore centrale. Eppure sono stati acquistati 20 giocatori, perché non ci si è resi conto delle carenze strutturali? Nel Sorrento non si è stati impeccabili dal punto di vista dell’organizzazione, ci sono troppi collaboratori esterni che non fanno il bene della squadra. Ci sono persone che si ritrovano a gestire dei soldi e lo fanno senza tenere conto di molti fattori perché non si fa capo ad una vera figura di riferimento. Il calcio di una volta non c’è più ed è cambiato anche il modo di condurre le operazioni di mercato, con la conseguenza che l’ambiente si è imbastardito. E poi, in seno all’organigramma societario, ci sono troppe figure che definisco superflue, creano una struttura elefantiaca e sono causa di equivoci che minano la serenità. In tutto questo marasma, manca anche il collante tra l’ambiente e la squadra”.Considerazioni intrise di amarezza per un calcio inquinato da fenomeni che hanno favorito la ribalta di chi non si è curato di anteporre il codice etico al modus operandi. Ma, restando alle questioni inerenti al rettangolo di gioco, il Sorrento ha conquistato gli spareggi con un allenatore come Simonelli inviso alla tifoseria: “Sorrento ha il brutto vizio di avere in uggia alcune persone per partito preso, anche con un soffio di presunzione se devo essere sincero, siamo campioni nell’arte dell’ospitalità ma quando c’è da avere un tornaconto. Rispetto tantissimo quei cinquanta tifosi che erano sempre presenti sulle gradinate dello stadio, ma ciascuno non credo che possa muovere appunti alla professionalità di Simonelli. Quest’ultimo sul piano caratteriale è così, lo dovremmo conoscere, ha le sue asprezze, ma posso garantire sulla sua buonafede. Mi dispiace che non sia stato messo nelle condizioni di lavorare con serenità ma, nonostante tutto, è riuscito a risollevare la squadra con una buona media punti con le sue scelte tecniche che si sono rivelate felici. Con il cambio di guida tecnica, la squadra si è rimessa in carreggiata, sebbene qualche giocatore sia venuto meno in partite importanti, ho avuto la sensazione che qualcuno sia venuto a svernare”. Ma la differenza tra i due allenatori avvicendatisi sulla panchina rossonera? “Chiappino ha pagato un aspetto specifico: la mancata esperienza nel dialogo con i senatori. Si percepiva la sua abitudine ad allenare squadre di ragazzi dove, il più delle volte, non servono schemi pre-ordinati. Simonelli ha lavorato su questo aspetto, ha preteso che la squadra lo seguisse ed è riuscito a darle una impronta. Se prima si subivano gol assurdi anche in casa, poi si è avuto un nuovo equilibrio e anche i gol segnati sono stati quasi sempre frutto di un’ottima pianificazione di gioco”.

DECISIVO IL PENULTIMO TURNO – Tante volte si è paventato uno scenario disfattista, con la squadra che soccombeva senza reagire con la dovuta personalità. Una sensazione simile si è avuta dopo lo scivolone interno contro l’Ischia con i tifosi spazientiti e disillusi al punto tale da dire addio alla squadra. Chiediamo ad Antonino Siniscalci cosa abbia pensato in quei momenti: “Quando l’aritmetica non condanna, conviene sempre sperare che le cose si raddrizzino. Dopo quella partita anche gli spareggi sembravano più lontani, ma mancavano comunque diverse partite e c’era il tempo per recuperare. Poi si è avuta la fortuna di incontrare delle avversarie con meno motivazioni e si sono portati a casa risultati importanti che hanno permesso che, da quelle macerie, ci si potesse rialzare”. E per rialzarsi è servito un filotto di vittorie consecutive, dallo stadio “Angelini” di Chieti è partita la riscossa culminata con questo nono posto. Ma, al nostro intervistato, domandiamo qual è stata, secondo lui, la gara della svolta e quella che ha catalizzato i maggiori rimpianti: “Per ciò che concerne la gara decisiva, dico quella con il Melfi in casa perché ha dato la quasi certezza di andare a giocare gli spareggi. Li sì è capito che il match con il Castel Rigone sarebbe stato un impegno formale, ormai si era dentro. Non vincere quella partita, anche contro un avversario già salvo, avrebbe spento qualsiasi speranza, e i tre punti non erano già in cassaforte prima di giocare se pensiamo che, all’ultima giornata, il Messina ha piegato il Martina Franca che era in piena corsa per gli spareggi. Con questo mio ragionamento, non intendo sminuire altri successi, come per esempio quelli di Chieti e Teramo, ma lì c’era comunque il rischio che sarebbero serviti a poco perché gli impegni decisivi dovevano ancora arrivare, quello con il Melfi era uno di questi, ed è stato vinto con merito. Per quanto riguarda la sfida che ha lasciato più rimpianti è stata la prima contro la Vigor Lamezia. Si giocava in casa e, francamente, si poteva e si doveva fare qualcosa in più per evitare un tonfo che ha provocato tanta amarezza per come è maturato”.Chi sono stati i maggiori trascinatori del Sorrento e chi, invece, non ha offerto il contributo auspicato? “Maiorino è stato superlativo non solo per i 14 gol, ma per la sua importanza nello scacchiere tattico della squadra, risultando decisivo sin dalle prime giornate continuando ad essere protagonista fino all’ultima partita della regular season. Un altro è Catania, si pensava che sarebbe venuto in costiera senza motivazioni, invece, se l’è create da solo diventando un perno imprescindibile dei rossoneri. Difficile individuare dei veri e propri flop, ma diciamo che ci si aspettava qualcosa in più da Benci e Pisani”.

IMPRESA ARZANESE? IL SORRENTO NON E’ STATO DA MENO – Veniamo a ciò che ci aspetta in questo doppio incontro con l’Arzanese. Un’avversaria scorbutica, spigolosa, ostica, per il semplice fatto di avere il vento in poppa da un girone a questo parte. Ma anche il Sorrento non è stato da meno dopo il giro di boa, entrambe le squadre hanno chiuso la regular season in crescendo e ora una sola prevarrà sull’altra. Si fanno tanti ragionamenti, ma in campo tutto diventa relativo, chiediamo ad Antonino Siniscalchi di presentarci questa sfida: “C’è molto equilibrio tra le due squadre anche se, sulla carta, il Sorrento ha qualcosina in più. Non bisogna pensare troppo alle presunte motivazioni in più di Ripa, l’ex rossonero le avrà esclusivamente per salvare la squadra in cui milita adesso, ma non penso che possa avere il dente avvelenato. Un altro fattore di cui si parla molto è la carica che può avere l’Arzanese per la rincorsa effettuata, è un dato incontrovertibile, ma lo stesso è capitato al Sorrento che, al termine del girone d’andata, non navigava in acque tranquille. È innegabile che da parte del team di Sasà Marra ci sia la sensazione di aver confezionato qualcosa di insperato e, sulla spinta di questa consapevolezza, si può avere una marcia in più, ma il Sorrento può fare leva su una compattezza ritrovata e una squadra che non è inferiore all’Arzanese. Un errore che non va assolutamente commesso è quello di pensare di passare il turno anche con due 0-0, con un atteggiamento sparagnino non si fa altro che firmare il proprio suicidio. Sin dalle prime battute, oltre alla fiducia e alla convinzione di essere all’altezza, ci deve essere la determinazione che non può mancare in appuntamenti così importanti, dove i dettagli possono fare la differenza”.

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